2017-10-26 12:32:00

Papa a Chiesa protestante di Scozia: "fratelli non più rivali"


di Michele Raviart

“Ringraziamo il Signore per il grande dono di essere giunti a vivere quest’anno da veri fratelli, non più da rivali dopo troppi secoli di estraneità e conflitto”. Così Papa Francesco si è rivolto alla delegazione della Chiesa di Scozia, rappresentata dal Moderatore Derek Browning e in visita oggi in Vaticano. Un incontro che rientra nel cammino ecumenico intrapreso dal Pontefice per i cinquecento anni della riforma luterana e iniziato l’ottobre scorso con il viaggio apostolico a Lund, in Svezia. Un percorso che punta a superare “nello spirito del Vangelo” le divisioni del passato,  quando lo sguardo era rivolto “alle differenze e agli sbagli” e il cuore “teso a recriminare sui torti subiti”.

La reciproca purificazione della memoria è uno dei frutti più significativi di questo cammino che ci accomuna. Se è vero che il passato in sé è inalterabile, è anche vero che oggi ci comprendiamo finalmente a partire dallo sguardo di Dio su di noi: “siamo anzitutto suoi figli, rinati in Cristo nello stesso battesimo, e perciò fratelli”.

Ricordando l’esperienza della prima conferenza missionaria mondiale protestante, che si svolse proprio a Edimburgo nel 1910, il Papa ha ribadito l’importanza di un dialogo necessario soprattutto riguardo l’evangelizzazione,  perché “l’annuncio e la missione non sono pianamente credibili se non vengono accompagnati dall’unità”. Essere cristiani significa riconoscersi nella famiglia dei credenti e non a caso il Signore si definì a Mosè “Dio dei vostri padri”, mentre era al cospetto del roseto ardente, simbolo della Chiesa di Scozia.

“Egli chiama anche noi a entrare, da figli e fratelli, in una storia di relazioni che ci precede, ad accogliere la vita di fede non in modo isolato e astratto, ma nell’ambito di una comunità concreta, di un “noi”, perché nessuno diventa cristiano da sé e nessuno può vivere da cristiano senza gli altri

Una famiglia, un “noi”, che è tanto più importante quando vivere la fede diventa difficile in alcune parti del mondo:

“Penso, in particolare, ai cristiani che oggi incontrano gravi prove, perché soffrono e sono perseguitati per il nome di Gesù. Confessano la fede, giungono al martirio, sono in tanti a portare una croce pesante. La loro testimonianza ci impone di andare avanti, con amore e coraggio, fino alla fine. Il nostro dialogo proteso alla piena unità, la nostra testimonianza e il nostro servizio comune, il nostro impegno a pregare gli uni per gli altri e a superare le ferite del passato sono risposte dovute anche a loro, all’interno di questo grande “noi” della fede”

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