2017-09-23 11:00:00

Beatificato padre Rother, l’apostolo degli indios del Guatemala


di Benedetta Capelli

Per la prima volta oggi la Chiesa degli Stati Uniti celebra la beatificazione di padre Stanley Francis Rother, originario di Oklahoma City e missionario in Guatemala, ucciso nel 1981, a soli 46 anni in “odium fidei”. Nato nel 1935 da una famiglia di contadini, aveva una grande abilità nei lavori manuali che mise a disposizione di tutti soprattutto negli anni del seminario. Per il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, molti ammiravano la sua disponibilità al servizio e alla collaborazione.

La laboriosità, il buon senso, l'integrità umana, la vita di preghiera e lo zelo per le anime erano qualità che animavano la sua giovane esistenza. Su una delle immaginette scelte per la sua ordinazione c'era scritto: To bless, To baptize, To offer sacrifice, To govem, To preach. (Per benedire, per battezzare, per offrire offerte, per governare, per pregare). Sull'altra immaginetta, si leggono le parole di Sant'Agostino: per il mio bene sono cristiano, per il bene degli altri sono un prete”.

Diventato sacerdote nel 1963 e dopo aver svolto il suo ministero in alcune parrocchie statunitensi, raccolse l’appello di Giovanni Paolo II alla Chiesa americana perché destinasse missionari in Centramerica. Padre Stan – come lo chiamavano tutti – venne inviato nel 1968 alla missione di Santiago Atitlán in Guatemala tra gli indios tzutuhil, discendenti dei maya. Scelse di vivere con una famiglia del posto per imparare la lingua locale che apprese talmente bene tanto da tradurre il Nuovo Testamento e celebrare la messa in quella stessa lingua. Migliaia i battesimi impartiti, centinaia i matrimoni e le prime comunioni celebrati.

Fu al fianco degli indios anche durante il disastroso terremoto del 1976, portando aiuti, estraendo i feriti dalle macerie. Negli anni aveva creato una cooperativa agricola, aperto un piccolo ospedale e una radio che usava per l’alfabetizzazione di massa.

 “Era veramente grande il rispetto e l'amore che il missionario americano mostrava verso i nativi – sottolinea il cardinale Amato - e questi ricambiavano con l'ammirazione e l'affetto filiale”.

Un impegno inviso al regime del generale Efraín Ríos Montt, condannato nel 2013 per crimini contro l’umanità e per il genocidio di 1.771 indios, di cui oltre la metà bambini. Per questo padre Stan divenne un obiettivo degli squadroni della morte che perseguitavano qualsiasi attività di sostegno alle comunità indigene. Dopo minacce e atti intimidatori nei confronti del sacerdote che aiutava le vedove e i figli delle persone assassinate durante la persecuzione, si decise di farlo rientrare negli Stati Uniti. Restò qualche mese poi scelse di tornare dai suoi amati tzutuhil e così il 28 luglio del 1981, uomini armati entrarono in canonica per ucciderlo. Appena la notizia si diffuse, in migliaia giunsero a pregare in parrocchia e ottennero che il cuore del loro padre e le bende intrise del suo sangue rimanessero sepolte per sempre con loro, interrate nel pavimento della Chiesa.

Per il cardinale Amato, padre Rother visse da perfetto discepolo di Cristo, facendo il bene e seminando pace e riconciliazione nel popolo. “Era un uomo dal cuore nobile. Misericordioso con i peccatori, non si risparmiava mai. Rimaneva a lungo nel confessionale ad ascoltare i penitenti. Era disponibile e generoso con i poveri. Portava in ospedale i malati, procurava loro medicine e denaro per la cura. Si prendeva cura degli anziani soli. Formato alla scuola del Vangelo, il Beato vedeva anche nei nemici dei compagni di umanità. Non odiava, ma amava. Non distruggeva, ma costruiva. È questa la sua preziosa eredità per noi, per la Chiesa, per l'umanità”.

Ascolta e scarica il podcast con la voce del cardinale Angelo Amato:

 








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