2017-09-21 18:56:00

Plenaria Commissione tutela minori. P. Zollner: grande l'impegno formativo


La Plenaria della Pontificia Commissione per la tutela dei minori prosegue i suoi lavori, in Vaticano, dopo l’apertura ieri con l’udienza di Papa Francesco.  Al centro delle riflessioni dell’Assemblea, che si concluderanno domenica prossima, un bilancio sul modo in cui la Commissione può accogliere e ascoltare sempre meglio la voce delle vittime e dei sopravvissuti, su come costruire la missione voluta dal Papa per la protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili e, infine, su come promuovere una cultura di salvaguardia in tutta la Chiesa. Tra i membri che partecipano alla Plenaria, il gesuita tedesco Hans Zollner. Fabio Colagrande gli ha chiesto di presentare i temi che sono affrontati in questi giorni dalla Pontificia Commissione per la tutela dei minori:

R  - Innanzitutto anche per noi sarà un prendere consapevolezza di ciò che abbiamo fatto nei vari gruppi di lavoro. Ad esempio, negli incontri con le vittime, nella prevenzione nelle scuole e nelle famiglie. Nel gruppo che ho guidato io, cioè quello che ha curato le attività formative con i vescovi provinciali e gli insegnanti delle scuole cattoliche e tutto questo, per un grande numero di Paesi su tutti i continenti, ci sono stati 150 interventi, a volte di tre giorni, intensi, a volte anche solo una breve informazione ai vescovi, ai vicari generali, ai provinciali generali… Dunque c’è una grande mole di lavoro che abbiamo svolto e dobbiamo prendere atto di questo e dobbiamo anche chiederci cosa potrebbe essere migliorato perché certamente ci sono tanti campi scoperti che dobbiamo affrontare. Ad esempio, le questioni legali e l’intensificazione del lavoro di prevenzione a tutto raggio.

D. – La priorità resta quella di dare voce alle vittime, ai cosiddetti sopravvissuti?

R. – Certamente, questa è anche la motivazione per il nostro lavoro perché molti sopravvissuti e molte vittime mi hanno dato il compito di far sì che non ci siano più vittime di abuso da parte del clero o all’interno della Chiesa, nelle istituzioni della Chiesa. Quindi posso ripetere questo, che dà a me ma anche a tutti i membri della Commissione una fortissima motivazione per andare avanti nonostante tutte le difficoltà che non sono resistenze attive: non c’è nessuno che neghi che questo sia un problema da affrontare, ma ci sono tante incertezze, c’è una grande difficoltà di trovare le risposte perché mancano persone formate. Proprio questo è ciò che facciamo al Centro per la protezione dei minori, dove svolgiamo questa attività formativa per il clero, per agenti pastorali di diverso tipo, per laici e laiche, per volontari nelle parrocchie. Questo cambierà la situazione fondamentalmente.

D. - A che punto è la collaborazione con la Congregazione per la Dottrina della fede per diffondere le famose linee guida sulla lotta agli abusi nella Chiesa?

R. – Uno dei nostri gruppi di lavori ha prodotto un modello anche molto ben pensato, molto ben riflettuto e anche testato nei confronti delle esperienze positive in alcuni Paesi e queste linee guida che sono state sviluppate da questo gruppo di lavoro sono state inviate a tutte le Conferenze episcopali. Questa è già una cosa di non si vede immediatamente l’effetto ma, ripeto, a medio, lungo termine, questo darà un orientamento chiaro, esplicito e uniforme. Infatti, una delle difficoltà che vediamo è che non solo tra le Conferenze episcopali del mondo ma anche all’interno di alcune conferenze, ci sono atteggiamenti  molto propositivi, molto lineari e altri meno. Quindi dobbiamo lavorare su un approccio veramente chiaro, univoco e propositivo, proattivo.

D. – Nella plenaria del marzo scorso voi membri della Pontificia Commissione per la tutela dei minori avevate espresso grande gratitudine alla dimissionaria Mary Collins per il suo forte impegno per le vittime di abusi. La Collins aveva chiesto prima di andar via, soprattutto, che ci fosse una risposta immediata alle vittime che indirizzano le loro lettere al Papa e alla Santa Sede. Questo può avvenire secondo lei?

R. – Da quello che io sappia stanno lavorando su una proposta fattibile. Si deve ricordare che le comunicazioni arrivano ormai a diversi dicasteri. Non è solo la Congregazione per la dottrina che riceve comunicazioni, mail, lettere, da parte di vittime. Io stesso ricevo quasi ogni giorno una comunicazione da parte di una vittima e non è detto che basti semplicemente di dare una risposta tipo: “Ho ricevuto il suo messaggio”, ma uno deve anche prendersi il tempo per entrare in un dialogo. Una cosa che viene dimenticata molto spesso è che queste comunicazioni arrivano in dozzine di lingue e chi potrà leggerle, chi potrà rispondere in una maniera adeguata e appropriata, non solo in modo burocratico e amministrativo, ma anche con quella attenzione umana e relazionale che è la chiave per l’incontro con qualsiasi persona e soprattutto con persone che sono state traumatizzate… Io so che stanno lavorando e sono certo che fra qualche tempo avremo una proposta - sia da parte della Commissione sia da parte delle persone in alcuni degli uffici coinvolti della Santa Sede - che si occuperà di questo tema.








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