di Eugenio Murrali
Sale il bilancio dei morti dell’operazione anti-droga “One Time - Big Time”. Il giorno più sanguinoso è stato mercoledì 15 agosto: 32 morti, 107 arresti, risultato di 67 retate nella provincia di Bulacan a Nord di Manila. Il capo della polizia locale, Romeo Caramat, ha detto che già altre volte in passato sono state compiute operazioni “One Time - Big Tme”, ma che, in questo caso, siamo di fronte al più alto numero di morti. Tra mercoledì e giovedì, poi, a Manila la polizia ha ucciso altri 25 sospetti criminali della droga. Bulacan, con un totale di 450 morti e 4000 arresti, è una delle zone più interessate dalla “guerra antidroga” dichiarata dal presidente Duterte un anno fa.
Amnesty International chiede una commissione
di inchiesta. “Queste morti scioccanti
ci ricordano che l’illegale ‘guerra della droga’ del presidente Duterte va avanti
senza sosta, anzi pare raggiungere nuovi livelli di barbarie: uccidere i sospetti,
violare il loro diritto alla vita e ignorare le regole del giusto processo sono ormai
la routine”, ha dichiarato James Gomez, direttore di Amnesty International
per l’Asia Sud-orientale e il Pacifico. Gomez invoca l’istituzione di una
commissione di inchiesta internazionale sulla “guerra alla droga” e sulla carneficina
in corso nelle Filippine. Già nel gennaio 2017
Amnesty International ha pubblicato un rapporto dal titolo “Se sei povero
vieni ucciso”, in cui ha denunciato la violenza di migliaia di esecuzioni extragiudiziali
compiute nell’ambito della campagna antidroga governativa.
Il presidente delle Filippine ha fatto della lotta
alla droga una delle bandiere della sua azione di governo. Da luglio 2016
a luglio 2017 i morti della “guerra alla droga” dichiarata da Duterte sarebbero,
secondo i dati
forniti dalla polizia filippina, 3451, 96.703 gli arresti, 68.214 le operazioni
condotte. Il presidente ha avuto scontri
anche con la comunità internazionale. A settembre 2016 i suoi insulti al presidente
americano Barack Obama, che aveva invitato alla prudenza nella lotta alla droga, hanno
fatto il giro del mondo. Il presidente si è
pronunciato con durezza anche contro gli attivisti per i diritti umani e ha invitato
la polizia a sparare contro chi ostacola la giustizia.
La chiesa filippina ha espresso condanna e
preoccupazione. I vescovi si sono
pronunciati più volte denunciando la gravità della situazione. In passato sia il
cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, che mons.
Broderick S. Pabillo, vescovo ausiliare, pur condannando duramente il narcotraffico,
hanno puntato il dito contro i molti omicidi extragiudiziari, invocato il rispetto
della vita umana.
Padre Giovanni Re, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere
(PIME), ci descrive da Manila l’atmosfera che si respira da quando Duterte ha dichiarato
la sua “guerra alla droga” e si dice preoccupato per la reazione della popolazione,
ma afferma che "le parrocchie cercano di far capire alla gente che non è bene uccidere
gli altri".
Ascolta e scarica il podcast dell’intervista integrale a padre Giovanni Re
All the contents on this site are copyrighted ©. |