2017-08-03 14:11:00

Venezuela: inchiesta per brogli sul voto per la Costituente


di Paola Simonetti

Prosegue il violento braccio di ferro in Venezuela fra governo e opposizioni, sul fronte della convocazione dell’Assemblea costituzione per la modifica della Costituzione voluta dal presidente Maduro, ora accusato di brogli nel voto per istituirla. Il presidente respinge ogni addebito, ma i contestatori annunciano nuove marce di protesta nel timore di una deriva autoritaria del progetto politico del presidente venezuelano, soprattutto dopo l’arresto, nei giorni scorsi, dei due leader dell’opposizione Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma.

La procura generale ha aperto un'inchiesta per sospetta frode sul voto per l’istituzione dell’Assemblea, ma il presidente venezuelano ha già annunciato che si andrà avanti, attaccando quella che definisce la 'borghesia parassita', cui attribuisce la colpa della crisi economica nel paese sudamericano. Intanto il presidente del Parlamento denuncia che la Guardia nazionale ha occupato l'emiciclo, dove domani dovrebbe insediarsi proprio l'Assemblea.

Nonostante la situazione, in un’intervista al quotidiano Avvenire, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin non ritiene che la mediazione tentata dalla Santa Sede sia stata un fallimento: "Non c’è alcun fallimento. La diplomazia della Santa Sede è una diplomazia di pace. Non ha interessi di potere né politico, né economico, né ideologico. Il Papa ha ricordato che quando ci troviamo di fronte a una situazione di crisi bisogna sempre considerare come opera la Santa Sede: è per una diplomazia proattiva e non soltanto reattiva, quindi noi cerchiamo di portare sempre il nostro contributo. Se a volte questo non riesce l’importante è darsi da fare. Quindi non parlerei di fallimento. Nel caso del Venezuela ci possono essere opinioni diverse ma l’importante è tentare di dare risposte attuabili in base alla situazione, soprattutto nel tenere in conto le condizioni reali della popolazione e del bene comune che deve venire prima di tutto. 

Un bene comune che, nelle scelte politiche di Maduro, sembrano essere venuto meno, secondo l’analisi di Lucio Pegoraro, coordinatore dell’Osservatorio sull’America Latina dell’Università di Bologna:

"Quello che non ha saputo fare Maduro è stato tentare una conciliazione del Paese. Naturalmente questo dipende dal fatto che la scelta chavista in un assetto totalmente nuovo delle istituzioni venezuelane era di per sé radicale: implicava il rifiuto di una forma di Stato che si richiamasse al neoliberismo, per l’accoglimento di valori invece latamente socialisti bolivariani e connotati anche come sempre in America Latina di populismo. Tutto ciò mette in crisi la condivisione di valori, quelli liberaldemocratici da una parte e quelli socialisti e partecipazionisti dall’altra. Sono visioni distinte e quello che si constata in questi giorni è proprio la difficoltà di accettarli dall’una e dall’altra parte."

L’eventualità di un accertamento di brogli nel voto di istituzione dell’assemblea, il percorso della giustizia potrebbe non essere così lineare, come conclude Lucio Pegoraro, coordinatore dell’Osservatorio sull’America Latina dell’Università di Bologna:

"In ogni caso bisogna vedere chi comanda, alla fine, ossia chi ha il controllo degli organi e proprio questo si imputa al progetto di rinnovare la Costituzione, ossia di limitare l’autonomia di altri organi. Penso che proprio le Costituzioni bolivariane del Venezuela accanto ai tre tradizionali poteri - legislativo, esecutivo e giudiziario - ne hanno aggiunti altri due proprio per frammentare di più il potere: il potere cittadino e il potere elettorale. Quindi il Venezuela non ha la tripartizione dei poteri come noi in Europa ma ha addirittura 5 poteri. Ecco, la tensione verso una concentrazione di questi 5 poteri è proprio quello che le opposizioni - mi pare di capire - non vogliano che venga attuato".

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