2017-07-06 15:14:00

Libia: il generale Haftar completa la conquista di Bengasi


Bengasi è stata completamente liberata dalle milizie islamiste. Lo ha annunciato ieri sera il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte del governo libico di Tobruk che controlla la Cirenaica. La liberazione della città rafforza la figura di Haftar davanti agli occhi della Comunità internazionale che spinge per il suo coinvolgimento nel processo di pacificazione nazionale condotto da Tripoli. Il servizio di Marco Guerra:

“Bengasi entrerà in una nuova era di stabilità, prosperità e pace. Gli sfollati torneranno a casa”, così il generale Haftar, reggente de facto del governo di Tobruk, in un discorso televisivo in cui ha annunciato l'eliminazione delle ultime sacche di resistenza di jihadisti e altri oppositori armati da Bengasi. In città vi sono stati fuochi artificiali e spari per festeggiare la fine di tre anni di combattimenti per liberare la seconda città della Libia dal  terrorismo. Nel maggio 2014 era partita l’operazione Dignità e le milizie di Haftar avevano sempre dovuto scontrarsi con sacche di resistenza. A restare asserragliati in interi quartieri sono stati jihadisti di vario tipo. Questa vittoria rafforza ulteriormente Haftar che controlla quasi tutto l’est del Paese. Buona parte della la comunità internazionale e l'Onu, che sostengano il governo di unità nazionale di Tripoli, guidato da premier Fayez Al Sarraj, intensificano le pressioni per coinvolgere il generale in una soluzione per il futuro della Libia. Per un commento sentiamo il giornalista ed esperto dell’area Cristiano Tinazzi:

R. – La conquista pare pressoché totale anche se rimarrebbero alcuni punti della città dove ci sono ancora asserragliati i gruppi legati ai mujaheddin di Bengasi. Però inevitabilmente questa è una vittoria per il generale Haftar; una guerra che è iniziata nel 2014 per liberare Bengasi dai cosiddetti terroristi che però vanno a colpire gli interessi di altre città come Misurata. In questa coalizione di gruppi che si opponevano al generale Haftar ovviamente non c’erano solo elementi islamisti legati a gruppi estremisti come al Qaeda, ma anche diversi militanti che provenivano da formazioni, da brigate combattenti legate anche a Misurata e quest’ultima in parte ha sempre sostenuto questa lotta contro il generale Haftar, perché nel resto del Paese viene considerato in maniera molto negativa. Haftar è una persona legata all’ex regime di Gheddafi che ha gestito in maniera molto dura il territorio. Non dimentichiamoci che la Cirenaica è una zona sotto controllo militare. Rimane ancora il punto di Derna, una città ormai in completa autonomina, che si è auto-liberata da al Qaeda ma che non vuole assolutamente avere nessun controllo da parte di Haftar. Quindi la prossima mossa sarà questa.

D. - La comunità internazionale e l’Onu sostengono il governo di unità nazionale del premier al Sarraj. Una figura forte come quella del generale Haftar può contribuire a stabilizzare o è l’ennesimo tassello di un quadro molto complesso?

R. - È un quadro molto complesso. Sicuramente adesso la carta che potrà giocare sul tavolo delle trattative il generale Haftar sarà molto più importante e pesante, però stadi fatto che comunque non è il rappresentante dl governo che viene riconosciuto internazionalmente da parte della comunità internazionale. Quindi i libici dovranno giocarsela a livello interno. Fino all’anno scorso non c’era un’esclusione per far entrare Haftar nel governo, se non che questi doveva rinunciare alla divisa e al suo ruolo di comandante  e capo delle forze armate. Se avesse fatto questo passo, sarebbe potuto entrare nel governo di unità nazionale. Ora le cose potrebbero essere cambiate, ma noi non lo sappiamo. Questo lo dovrà decidere Tripoli. È una situazione abbastanza critica. Comunque la forza di Serraj in questo momento è minata dalle milizie e da Tripoli che come sempre si scontrano continuamente, d’altra parte la forza dell’esercito di nazionale libico di Haftar si è molto ridotto perché nel corso di questi tra anni di guerra ha perso centinaia se non migliaia di uomini.

D. - C’è una pressione da parte della comunità internazionale affinché la Libia sia stabilizzata al più presto, anche per la questione dei flussi migratori …

R. - La politica italiana riguardo alla Libia è un po’ ambigua. Secondo me dovremmo cercare di prendere posizioni ben definite. Abbiamo anche dei militari, degli ospedali da campo a Misurata. Quindi forse darebbe il caso di essere chiari nelle nostre scelte. In ogni caso la vittoria di Haftar in Cirenaica non può cambiare al momento in nessun modo le partenze dalla Libia perché il grosso di queste arriva in Tripolitania. È sempre stato così. Credo quindi che la cosa non potrebbe influire in nessun modo sulle partenze, a meno che il governo Serraj e i suoi alleati per far vedere che sono i veri interlocutori e unici che possono controllare il Paese, alzino il pugno di ferro verso i trafficanti di migranti, cercando di limitare queste partenze. L’Italia potrebbe giocare un ruolo importantissimo. Ovviamente deve essere supportata dalla comunità internazionale e in primis dalla comunità europea e poi dalle grande potenze. Nello scacchiere libico giocano diversi interessi: la Russia sta giocando le sue carte contro gli Stati Uniti e ci sono Paesi come l’Egitto che invece perseguono interessi regionali, senza dimenticare gli Emirati Arabi Uniti. Quindi dovrebbero sedersi attorno a questo tavolo diverse realtà e cercare di mettere d’accordo tutte le parti per portare il Paese verso una pace duratura.








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