2017-07-04 14:33:00

Calabria. Blitz contro la 'ndrangheta: realtà capillare ma invisibile


Maxi blitz questa notte in Calabria contro i vertici della 'ndrangheta. Oltre mille i militari, aiutati da elicotteri e unità cinofile, impegnati nell'esecuzione di un provvedimento di fermo nei confronti di 116 indagati per associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, truffa e altri reati. L'operazione, denominata "Mandamento ionico", è frutto di un'indagine sui più importanti clan di quel territorio, ritenuto il cuore pulsante dell'intera 'ndrangheta in Italia e all’estero. Arresti anche in tre comuni delle provincie di Taranto e Brindisi anche nei confronti di attuali ed ex amministratori locali. Sul significato di queste operazioni Adriana Masotti ha sentito l’avvocato Enza Lando, vicepresidente dell’Associazione Libera:

R. - Le due indagini ci fanno capire che la ‘ndrangheta, in particolare in Calabria, è capillarmente radicata ancora nel territorio. E anche un’altra cosa: è come se la ‘ndrangheta oggi si stia modificando, cercando sempre di più di cambiare, di stare avanti per rendersi invisibile. E questo fa capire quanto ancora loro hanno una forza economica e anche di radicamento nel territorio. E' quasi come se fossero riconosciuti nel territorio come un forte potere criminale ed economico, perché non dobbiamo dimenticare che la ‘ndrangheta non è solo un potere criminale che fa vittime, che semina dolore, ma è anche un insediamento quasi economico che non sviluppa i territori, anzi li indebolisce, togliendo le risorse e anche la speranza. Vediamo che, per esempio a Taranto, sono stati svelati intrecci anche con le amministrazioni, con i politici. Ci sono molti scambi di stampo politico-mafioso. Questo ci fa capire quanto ancora la politica sia debole su questo.

D. - La dichiarazione, intercettata, di un figlio di un boss: “Qua lo Stato sono io” …

R. - Questa frase, appena l’ho letta, ha fatto tremare anche me: pensare che lo Stato sono loro. Loro in quei territori hanno la percezione di essere lo Stato, cioè anche i soggetti, i cittadini, li riconoscono come una grande forza criminale, però è una forza criminale che ha potere, per cui si sentono di dire: “Lo Stato siamo noi”. E allora tu non ti rivolgi, anzi se qualcuno si rivolge allo Stato diventa il nemico, no? E specialmente se a dirlo è il figlio di un grande boss la cosa preoccupa ancora di più, perché tramanda questa cultura. Questo ci deve far riflettere su quanto sia importante il lavoro di ognuna delle agenzie sociali, culturali di questo Paese e quanto ancora c'è da fare.

D. - Proprio in quanto a sensibilizzazione, educazione, formazione, cambio di mentalità, a che punto siamo?

R. – Molto è stato fatto, molto si sta facendo e molto deve essere ancora fatto. È importantissima per esempio questa azione forte che sta facendo anche il tribunale dei minorenni di Reggio Calabria: in alcuni casi particolari allontana i figli degli ‘ndranghetisti che oggi potrebbero dire: “Lo Stato siamo noi”, e li inserisce in altre famiglie in maniera tale da dare loro libertà di scelta. Questa è una delle cose importante. Poi è chiaro che molto deve essere ancora fatto da parte delle agenzie scolastiche; la scuola, l’università devono essere molto attente su questo. Ma quello che è più importante sono i professionisti che costituiscono quella zona grigia, che aiutano a volte a rafforzare le mafie. Loro devono fare veramente un grande salto di qualità.

D. - Poi è importante che la Chiesa prenda sempre le distanze …

R. - La Chiesa in Calabria in alcuni punti, specialmente nel territorio della Locride, sta facendo un lavoro enorme, bellissimo. Il fatto che la Chiesa con il vescovo della Locride abbia preso le distanze e abbia detto delle parole chiare, pesanti, credo che sia la cosa più importante. In questo modo si sta verificando una rivoluzione su quel territorio, anche perché gli ‘ndranghetisti, tutti i mafiosi, hanno sempre questa immagine di essere coloro che vanno in Chiesa, che pregano … Invece non è possibile che un mafioso possa andare prima a fare un omicidio e poi in chiesa. E la Chiesa su questo sta facendo un passo importante. La lotta alle mafie riguarda tutti noi, perché se noi pensiamo che non ci riguarda perché non ci ha toccato direttamente, non abbiamo capito nulla di quello che significa essere comunità. Le mafie distruggono la comunità, non solo la singola famiglia. Credo che la Chiesa su questo abbia fatto e stia facendo un lavoro enorme.








All the contents on this site are copyrighted ©.