I vescovi degli Stati Uniti giudicano con preoccupazione il parziale via libera della Corte Suprema al cosiddetto "Muslim ban", il controverso decreto presidenziale che vieta l'ingresso nel Paese a cittadini provenienti da sei Paesi a maggioranza musulmana. Lunedì l’organo costituzionale ha autorizzato l'entrata in vigore temporanea di una parte dell’ordine esecutivo – bloccato in questi mesi da diversi tribunali di grado inferiore – in attesa di pronunciarsi via definitiva sull'intera materia a ottobre. I Paesi coinvolti sono Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.
“La decisione avrà conseguenze umane”
“La decisione avrà conseguenze umane”, afferma in una nota mons. Joe Vasquez, vescovo
di Austin e presidente della Commissione episcopale Usa per i migranti. “I miei confratelli
ed io – scrive il presule – apprezziamo la sentenza che consente a coloro che hanno
un rapporto ‘bona fide’ con una persona o un ente negli Stati Uniti di continuare
ad arrivare. Siamo profondamente preoccupati, però, per il benessere di molte altre
persone vulnerabili per le quali ora non è consentito di arrivare e trovare protezione”,
in particolare di “chi fugge dalla persecuzione religiosa e i bambini rifugiati non
accompagnati”.
Fondamentale la massima competenza quando si tratta di rifugiati
Di qui l’appello all’Amministrazione Trump a riesaminare al più presto il programma
per il ricollocamento dei rifugiati coinvolgendo la società civile, gli operatori
che lavorano nei servizi ai rifugiati e gli esperti di immigrazione e sicurezza nazionale.
“Riteniamo essenziale utilizzare la massima competenza” in materia, per una “una valutazione
così importante”, conslude la nota. (A cura di Lisa Zengarini)
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