2017-06-10 15:31:00

Il politologo Baggio: “La crisi della democrazia italiana nelle parole del Papa al Quirinale"


I temi

L’accoglienza dei profughi, l’assistenza alle popolazioni colpite dal sisma, ma anche il problema del lavoro, il disagio giovanile, le sacche di povertà, la difficoltà di farsi una famiglia, la mancanza di un disegno politico industriale di lungo periodo. Dal Papa al Quirinale, il richiamo a rafforzare il rapporto tra la gente e le Istituzioni. Luca Collodi ha chiesto al politologo Antonio Maria Baggio, docente di “Filosofia Politica” all’Università Sophia di Loppiano (Firenze), quanto il mancato rapporto tra popolo e istituzioni rischi di mettere in crisi la democrazia italiana.

L'intervista 

R. – Se confrontiamo la nostra situazione e la cronaca politica quotidiana con quello che ci ha proposto il Papa con le sue parole sulla democrazia, “la vera democrazia è tessitura e impegno corale tra la gente e le Istituzioni”, vediamo che c’è una distanza forte. Il Papa ha parlato di vera democrazia che nasce dal sociale, dalla soluzione dei problemi legati alla giustizia, alla concordia, al lavoro dei giovani e all’avere un progetto di lungo periodo. Questo nel discorso al Quirinale è emerso con forza. E ciò mette in contestazione la nostra politica, perché ciò che manca è proprio il progetto di lungo periodo. Allora, bisogna sottolineare che oltre alla questione della giustizia, della lunghezza dei processi, tra i fattori che condizionano gli investimenti in Italia c’è anche la corruzione diffusa, la burocrazia che è troppo macchinosa e l’instabilità politica. Manca una generazione di politici che abbiano una visione strategica del futuro del Paese.

D. – Prof. Baggio, per creare lavoro servono risorse, iniziative e non speculazioni…

R. – E’ la grande differenza fra gli speculatori che ci hanno portato alla crisi degli ultimi dieci anni e i veri imprenditori. Qui bisogna ridare fiato all’imprenditoria e il riferimento che ha fatto il Papa alla tradizione italiana, tradizione che vede l’elemento cristiano centrale nella sua importanza, ci dice che fin dai tempi di San Francesco c’è stata attenzione da parte della religione alla capacità di creare posti di lavoro, di dare coesione sociale alla responsabilità imprenditoriale e di sottolineare la partecipazione. Il Papa è rimasto forse l’unico a parlare di sistema, a vedere le cose nella loro interezza e complessità. Ma ha anche detto: “Guardo all’Italia con speranza”, una speranza fondata su una “memoria grata”. Sono convinto che l’Italia ha le risorse per ripartire, perché ha sempre sperimentato la pluralità della verità, perché è sempre stata ricca di tante cose diverse che però sono riuscite a stare insieme. Oggi ci vorrebbe una visione strategica in politica proprio per unire queste risorse.

D.  - Il Papa ha ribadito, nella distinzione dei ruoli, la vicinanza della Chiesa al processo democratico italiano, sollecitando un rafforzamento dei legami tra la gente e le istituzioni…

R. - Ma questo è nella storia dell’impegno politico dei cattolici, nell’impegno sociale e politico: creare legami, creare comunità ed estendere l’idea di sociale. Quando l’unità d’Italia è stata fatta, la società era qualcosa di ristretto e non solo i socialisti, con l’impegno sindacale e politico, ma anche i cattolici con l’impegno sia nelle fabbriche  hanno costruito il sociale, hanno portato alla democrazia le masse che prima ne erano escluse. Oggi il compito è lo stesso ma in una situazione diversa: dobbiamo dare soggettività al sociale e portarlo in politica.

D. – La lotta al terrorismo e l’accoglienza dei migranti sono altre sfide importanti per l’Italia…

R. – Non possiamo sopportare da soli queste sfide. Dobbiamo lavorare giorno per giorno soprattutto per quel che riguarda i migranti e allo stesso tempo sviluppare la cooperazione  internazionale. Tutto ciò che unisce questo tema dell’unità e della concordia è davvero il tema centrale, perché noi possiamo fare tanto per i migranti, sia accogliendoli, andando a prenderli in mezzo al mare, sia sviluppando una diplomazia che raddoppi, che moltiplichi, le nostre forze per dare poi loro un futuro. La stessa cosa con il terrorismo: dobbiamo isolarlo dalla vera religione. Non possiamo parlare di un terrorismo che abbia una componente religiosa autentica. Quando si diventa terroristi è l’ideologia che guida, non è più la religione. Quindi tutto il dialogo tra le religioni, che questo Papa sta sottolineando con forza, aiuta a costruire poi le alternative politiche al terrorismo.








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