Il tema dell’immigrazione torna in questi giorni drammaticamente in evidenza con i recenti naufragi in Mediterraneo. Decine le vittime, centinaia i migranti tratti in salvo. Ancora una volta l’Europa, alle prese anche con il problema della sicurezza e della lotta al terrorismo, è chiamata ad operare delle scelte risolutive. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Donatella Parisi, responsabile comunicazione del Centro Astalli:
R. – Quello che noi chiediamo all’Europa, alle istituzioni nazionali e sovrannazionali è di creare alternative legali e sicure all’attraversata del Mediterraneo, che oggi è esclusivo monopolio dei trafficanti. Ci sarebbero delle possibilità alternative e praticabili, che eviterebbero la morte di migliaia di innocenti. Esortiamo Bruxelles a non rimanere indifferente, di attivarsi creando politiche di accoglienza e integrazione, che giovino sia alle persone, che scappano da guerra e persecuzione e che hanno diritto ad arrivare in Europa, sia agli europei stessi.
D. – C’è quindi il problema drammatico di salvare vite in mare; e poi, c’è il dopo: l’accoglienza e l’inserimento – per chi ne ha diritto – in Europa …
R. – Sì, certo: sono due problemi diversi e collegati. Per quanto riguarda il salvataggio in mare, servono alternative: il salvataggio dev’essere l’emergenza, dev’essere la soluzione che si mette in atto in un caso straordinario; non può diventare la regola. I migranti devono potere avere una via legale per entrare in Europa. Una volta arrivati in Europa, ci si deve far carico dell’accoglienza e dell’integrazione di queste persone e se ne deve far carico l’Europa intera: l’Unione Europea deve avere un progetto comune su questo. Oggi Italia e Grecia sono le azioni dell’Unione Europea, che sopportano il peso maggiore di questo flusso migratorio, che, se fosse equamente distribuito, non sarebbe un peso per nessuno. Tutti gli Stati possono e devono fare la loro parte: questo allenterebbe moltissimo la pressione e il fenomeno diventerebbe quindi non più un’emergenza, ma un tema gestibile e che può essere trasformato in risorsa in termini demografici e occupazionali, di crescita di tutta l’Unione Europea.
D. – Un altro tema che sta venendo in luce in questi giorni è quello di aiutare le persone con progetti di sviluppo nei Paesi di provenienza …
R. – La cooperazione allo sviluppo è una chiave fondamentale per costruire processi di pace e di vita sostenibile in Paesi in cui queste condizioni non ci sono. Pensiamo, appunto, all’Africa e a grandi aree dell’Asia. Ovviamente, siamo favorevoli a progetti di cooperazione allo sviluppo, soprattutto da parte di un Paese come l’Italia, che ha una tradizione lunga e forte. Quello che ci preoccupa è che la cooperazione allo sviluppo non diventi contenimento dell’immigrazione in cambio di sostegno alle economie emergenti: questo rappresenterebbe un errore in termini politici, perché purtroppo i dati ci dicono che la mobilità umana di fatto non può essere mai completamente contenuta e che la cooperazione allo sviluppo richiede una collaborazione fattiva da tutte le parti e deve avere come obiettivo lo sviluppo della società civile come priorità assoluta.
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