2017-05-26 15:00:00

Commento di don Sanfilippo al Vangelo della Solennità dell'Ascensione


Nella Solennità dell’Ascensione, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù risorto dice ai discepoli:

“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma:

Cristo incarnandosi ha unito a sé per sempre la natura umana, e con la propria Ascensione in cielo alla destra del Padre, rende partecipi anche noi di questa altissima condizione celeste, col corpo e con l’anima. Fin dai primordi della creazione, il prestigio dell’uomo appare superiore a quello di ogni altra creatura, persino superiore alla nobiltà degli angeli fedeli. L’Ascensione di nostro Signore conferma e amplifica la portata della nostra chiamata ad essere divinizzati, anche col corpo, parte integrante della nostra identità. Questa solennità contiene la promessa del ritorno di Gesù nella gloria, per giudicare i vivi e i morti e assegnare a ciascuno il Paradiso o l’Inferno, secondo le opere compiute sulla terra. Potremmo chiamarla la festa solenne della Signoria di Cristo al di sopra di ogni potere, e, al contempo, la festa solenne della nostra dignità. La liturgia ci aiuta, oggi, ad alimentare la consapevolezza della preziosità di ogni persona e ad orientare le scelte concrete che incidono sulla sua promozione nei vari ambiti dell’esistenza. Alla dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, non si può anteporre nulla: né cultura, né economia, né progresso, nemmeno la difesa dell’ambiente e tantomeno il precetto religioso fine a sé stesso: “Il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato”.








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