2017-05-25 14:31:00

Rapporto Antigone sulle carceri: più detenuti, meno reati


L’associazione Antigone ha presentato questa mattina a Roma il suo Rapporto annuale sulle condizioni di detenzione in Italia con un titolo significativo: “Torna il carcere”. Dai dati raccolti si evidenzia, infatti, che negli ultimi mesi la popolazione carceraria è aumentata di numero. A finire in cella sono soprattutto stranieri e condannati a pene lievi. Adriana Masotti:

Il ritorno del carcere: questo in sintesi il quadro che emerge dal XIII Rapporto di Antigone. Finita la fase di riduzione del sovraffollamento delle celle, ora, pur diminuendo i reati, i detenuti ricominciano ad aumentare. Negli ultimi sei mesi, infatti, la popolazione carceraria presente nei 190 istituti penitenziari italiani è aumentata di circa 1.500 unità. Si tratta di un totale di 56.436 persone con un tasso di sovraffollamento risalito al 112,8 %. A crescere di più sono i detenuti stranieri, il 34%, e i condannati a pene inferiori ai tre anni. Inoltre, se la media europea di coloro che sono in attesa di sentenza definitiva è del 22%, in Italia a fine 2016 la percentuale è del 34,6% in crescita rispetto all'anno precedente. Nel suo Rapporto Antigone sostiene che "ci si allontana da quel modello di extrema ratio cui l'uso del carcere dovrebbe essere improntato". Perché tutto questo? Risponde Alessio Scandurra, uno dei due curatori del Rapporto, disponibile sul sito dell’Associazione:

“Il motivo del ritorno del carcere non è semplice: probabilmente è soprattutto un cambiamento di clima culturale. Gli anni passati sono stati gli anni della sentenza Torreggiani, c’è stato un messaggio del capo dello Stato alle Camere, c’era un clima diverso. Siamo entrati in una stagione in cui ci sono nuovi decreti in materia di sicurezza, c’è un dibattito sulla legittima difesa molto spostato in un’ottica anche rischiosa per la sicurezza dei cittadini ecc… Quindi, si registra un cambio di clima e probabilmente questo è il motivo principale. E’ una crescita quantitativamente ancora limitata, ma che sembra soprattutto accelerare. E’ chiaro che se la tendenza per i prossimi anni sarà questa, rapidamente torneremo ai livelli della condanna per l’Italia della Corte europea per i diritti dell’uomo. Tra l’altro, se si confronta la popolazione detenuta di oggi con quella di un anno fa, si vede che in proporzione ci sono più detenuti in misura cautelare e quindi che si è ricorso meno all’alternativa della custodia cautelare in carcere, ovvero agli arresti domiciliari prevalentemente. E quindi, diciamo che ci sono degli indicatori quantitativi - come anche la componente degli stranieri che aumenta, generalmente associata a reati di strada, meno gravi ma che appunto queste stagioni legate purtroppo alla campagna elettorale permanente in cui siamo enfatizzano -  che mostrano abbastanza chiaramente, tra l’altro, cose che abbiamo già conosciute, che sono già successe e di cui conosciamo già gli esiti. L’esplosione cioè di una detenzione sociale fatta non di criminalità grave, quando di marginalità, di povertà, che poi diventa anche ingestibile perché scarica sul sistema penitenziario una quantità di elementi di crisi, di difficoltà individuali o collettive che poi diventa veramente molto difficile gestire”.

Generale insicurezza e minaccia terrorismo aprono dunque le porte delle carceri, ma è proprio nelle carceri che cresce il rischio della radicalizzazione che genera potenziali attentatori. In Italia gli osservati, a diversi livelli, sono 365. Quarantaquattro, quelli già condannati per reati connessi al terrorismo internazionale. Una contraddizione risolvibile? Ancora Alessio Scandurra:

“Non è nemmeno una contraddizione. Diciamo che in generale, da sempre, il carcere è un luogo di proselitismo, è un luogo dove le persone sono in una condizione di grande difficoltà esistenziale, di grande fragilità, e cercano risposte, cercano appigli per ricostruire un proprio percorso di vita. Il fatto che sia così pericoloso fargli incontrare risposte e appigli sbagliati, è anche indicativo del fatto che c’è un grande potenziale: le persone sono interessate a raccogliere stimoli nuovi, evidentemente, e quindi è su questo che bisogna lavorare. Innanzitutto su un modello di detenzione che rispetti sempre e rigorosamente i principi di legalità e le leggi dello Stato: è molto importante che nulla di quello che avviene in carcere violi le leggi dello Stato, perché questo manda un messaggio profondamente contraddittorio nei confronti delle persone, e invece, purtroppo, questo accade. Quello che noi chiamiamo sovraffollamento, per esempio, significa che ci sono più persone rispetto alla capienza stabilita dalle nostre leggi, quindi è una violazione di legge diffusa. E così via tanti piccoli aspetti … Quindi è importante creare un clima di serenità in cui il carcere possa essere permeato da stimoli e offerte costruttive e positive per le persone. E questo di per sé ha la forza di emarginare stimoli e proposte distruttivi.

Secondo Antigone in Italia vi è un effetto "criminalizzazione dello straniero". Nelle carceri gli stranieri rappresentano oltre un terzo dei detenuti, sono soprattutto marocchini, romeni, albanesi e tunisini. Oltre sei mila quelli che si dichiarano musulmani. Scandurra:

La popolazione straniera è dappertutto, sempre, oggetto di un controllo sociale, di un controllo di polizia più stringente rispetto alla popolazione autoctona. Questo non succede solo oggi e non succede solo in Italia. In una stagione come questa il fenomeno rischia ovviamente di moltiplicarsi perché esiste oggi una criminalità molto pericolosa e molto visibile proprio per la sua natura - l’atto terroristico è un atto che mira alla visibilità, alla pubblicità - inevitabilmente associata con persone che vengono da altri Paesi e questo, anche se riguarda numeri molto, molto risicati, genera un’ondata di pressione su tutti gli stranieri ospiti delle nostre comunità. E questo ha come effetto indiretto una crescita del controllo e della repressione nei loro confronti”.








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