2017-05-22 19:26:00

La poetessa Gualtieri: "Riscoprire l'interiorità profonda"


Al Teatro India, a Roma, in scena dal 24 al 28 maggio lo spettacolo “Porpora. Rito sonoro per cielo e terra”, della poetessa Mariangela Gualtieri con le musiche di Stefano Battaglia. 

“La nostra profondità è poco indagata. C’è una tecnologia fantastica e molto affascinante che ci chiama sempre fuori. C’è una bellezza in questo ma anche troppa distanza dalla interiorità profonda che secondo me è il luogo delle cose che hanno valore. In questo spettacolo da un lato ci sono la musica e la poesia che indagano il profondo e spingono chi ascolta a questo sguardo rovesciato dentro, là dove - come dice un verso di Milo De Angelis - “il mio nome è uguale al tuo”; e dall’altro lato c’è qualcosa di cosmico, una risonanza universale che dialoga con l’interiorità”.

Mariangela Gualtieri, che ha conosciuto la musica di Battaglia nel monastero di Bose, ci racconta tra le altre cose quanto la vita in campagna le abbia “messo le mani dentro”, l’abbia cambiata, lavorata. Da qui i numerosi riferimenti alla terra che nei suoi testi si ritrovano. Più di trent’anni fa fondava con il regista Cesare Ronconi il Teatro Valdoca, “uno dei modi per dare vita orale al verso”. Un’operazione importantissima, spiega, “perché il verso è musica. Invece noi ce lo scambiamo sempre come partitura scritta. E’ suono, onde, tutto il corpo vi partecipa, la gabbia toracica, l’intestino. E ne gode. Nell’oralità la poesia attua tutti i suoi poteri”.

Qual è l’approccio giusto quando si porta la parola poetica sulla scena? “Bisogna servirla la parola e scomparire. Stare in un ascolto acuto: ascolto di ciò che sto dicendo, della mia paura nel dirlo davanti agli altri, degli altri e del silenzio. Perché la poesia è una parola che ha al centro il silenzio. Al microfono si edifica la cattedrale sonora. La voce in parte di disumanizza e va nel sovrumano”. 








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