“Dall’indagine conoscitiva della Commissione difesa del Senato sulle attività delle Ong che si occupano del salvataggio dei migranti mi pare emerga che le terribili accuse di collusione che erano state rivolte a queste organizzazioni non siano state provate. Se tanto fango era stato gettato addosso a volontari che sacrificano il loro tempo per salvare vite umane, ora andrebbe restituito loro onore e dignità”. Ad affermarlo è don Mussie Zerai, sacerdote eritreo, fondatore e presidente dell’agenzia Habeshia, da sempre impegnato nella tutela dei diritti dei migranti e profughi.
Migliorare il coordinamento con la Guardia
costiera
Don Zerai commenta anche il monito, contenuto nelle
linee guida della Commissione e rivolto alle Ong, a non creare corridoi umanitari
autonomi, poiché questo compito spetterebbe agli Stati. “Le Ong – spiega – sono con
i loro mezzi in mare per colmare un vuoto. Dopo la caduta del regime di Gheddafi,
infatti, il tratto di mare di fronte alla Libia è rimasto abbandonato. Nessuno soccorreva
i migranti al di fuori delle acque territoriali libiche. E, grazie a Dio, a salvare
vite umane ci hanno pensato queste organizzazioni”. “E’ giusto – come afferma la Commissione
difesa – che le Ong collaborino di più con la Guardia costiera nelle operazioni di
salvataggio. Ma non è che questo prima non accadesse. Se si tratta di migliorare
questo coordinamento è un’ottima iniziativa. Se invece, com’era trapelato tempo fa
in alcune proposte di legge, si vuole costringere le navi delle Ong a restare nelle
acque SAR (ricerca e soccorso) italiane, questo significa condannare a morte migliaia
di persone e il Mediterraneo diventerà sempre più un cimitero a cielo aperto”.
Serve un progetto europeo
“Quello che serve – spiega don Zerai – è un
progetto umanitario europeo che riprenda l’impronta dell’operazione ‘Mare nostrum’,
quindi con un mandato chiaro di ricerca e soccorso. Perché tutte le altre
iniziative che sono in campo, come quelle dell’agenzia Frontex, non hanno questo mandato,
ma solo quello di sorvegliare i confini”. “Tutto ciò servirebbe a evitare che l’Europa
abbia nuovi morti sulla coscienza. E a chi pensava che questo bilancio di vittime
dei naufragi potesse funzionare come deterrente affinché altri non partissero più,
è facile dimostrare che il ragionamento cinico non funziona. I viaggi continuano”.
“E’ giusto che le Ong collaborino con la polizia per catturare gli scafisti, come
chiede la Commissione”, aggiunge Zerai. “Purché questo non metta a repentaglio la
vita dei profughi o migranti che sono su un barcone”.
Non sono le Ong a provocare le migrazioni
Quanto al fatto che siano le Ong a incentivare i flussi
migratori, facendo navigare le proprie imbarcazioni di salvataggio davanti alle acque
libiche, Zerai spiega come questo ragionamento non stia in piedi. “L’attività di queste
organizzazioni sono nate dopo diverse tragedie e naufragi, soprattutto quelli del
2013. Ma, prima di quegli avvenimenti drammatici, c’erano ugualmente le partenze e
la gente rischiava ugualmente la vita. Il vero fattore di spinta dei flussi migratori
non sono certo questi progetti di salvataggio, ma le cause che i migranti trovano
nei loro paesi di partenza e le altre gravi condizioni umanitarie che subiscono in
quelli di transito. Sono perciò costretti a partire e a proseguire per trovare un
luogo sicuro”. “Prendersela con le Ong perché i flussi migratori non cessano
è un po’ come prendersela con il medico che ci ha diagnosticato la malattia senza
andare a vederne le cause. Solo verificando queste ultime si può far sì che
decine di migliaia di persone non siano costrette a lasciare i loro Paesi d’origine.
E’ inutile prendersela con chi sta cercando di tamponare l’emergenza”.
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