2017-05-10 14:03:00

Famiglia. Bersani (La Sapienza): pressioni ideologiche sugli psicologi


Accesso dibattito nella comunità medico-scientifica, dopo il caso di Giancarlo Ricci, lo psicologo milanese che subirà un procedimento disciplinare per aver sostenuto la centralità delle figure genitoriali materna e paterna in alcuni eventi pubblici. Per lo stesso motivo sarebbero una decina i 'processi' avviati da vari Ordini professionali. Rischia quindi di diventare un tabù l’indagine sui temi dell’omogenitorilità e del gender, il tutto a discapito della libertà di ricerca. Marco Guerra ne ha parlato con il prof. Giuseppe Bersani, docente di psichiatria alla Sapienza di Roma:

R. – La possibilità di far ricerca esiste, ma esiste anche una certa remora legata al timore che approfondire questo argomento possa in qualche modo significare avvicinarsi ad un atteggiamento di tipo omofobo. Questo è evidentemente infondato sul piano reale. In realtà approfondire l’argomento dell’omogenitorialità vorrebbe dire portare un livello di conoscenza più significativo e completo ad un fenomeno che comunque esiste e che comunque è di grande importanza attuale. Fare ricerca vorrebbe dire dare il giusto peso a quello che sta succedendo e c’è qualche limite concettuale, culturale, molti limiti culturali su questo.

D.  – Sull’omogenitorialità che cosa dicono le ricerche attuali?

R. - Ci sono dati molto eterogenei, molto sparsi, spesso raccolti in modo insufficiente. Va detto che purtroppo spesso sono raccolti in modo da risentire delle pregiudiziali culturali degli investigatori. Quindi, a seconda del fatto che si propenda per una tesi o per un’altra, soprattutto per quella che sostiene che non ci sia nessuna conseguenza psicologica sull’adozione omogenitoriale, i dati vengono proposti in un modo o nell’altro. Insomma esistono dati ma nulla di definitivo.

D. – Affermare che un bambino ha bisogno di un padre e una madre non sembra una forzatura…

R. – Ma certo. Fermo restando, ripeto, che non è affatto in discussione la capacità genitoriale e di amare di una persona omosessuale, ci mancherebbe, non è questo il punto. A me sembra paradossale soltanto il fatto di porsi questo interrogativo, se sia forzato o no parlare di madre o di padre. Qualunque risposta in base al buon senso renderebbe superflua la risposta e la domanda a monte. Diciamo che secoli di studio di psicologia hanno investigato essenzialmente il rapporto primario del bambino nel suo sviluppo con le figure identificative fondamentali, quella maschile paterna e femminile materna. Non tenere conto di questo vuol dire cestinare, così, tout court, secoli di studio ed affidarsi ad un approfondimento conoscitivo, assolutamente viziato da pregiudiziali ideologiche. Parlare di madre o padre è la cosa più semplice, naturale, ovvia che si possa fare. Questo non vuol dire disconoscere o negare l’importanza di altre situazioni, ma il fatto di volere saltare la definizione di madre e padre sarebbe ridicolo se non fosse drammatico.

D.  – Affermare che la sessualità sia condizionata solo dalla cultura e non dalla biologia è la tesi di fondo della teoria gender, secondo cui saremmo guidati solo da stereotipi imposti. Cosa dice la scienza su questo?

R. – La teoria gender è una teoria, non è un modello scientifico, è una teoria conoscitiva fondata essenzialmente su una pregiudiziale ideologica. Tutto quello che di obiettivamente scientifico conosciamo dice esattamente il contrario. Il sesso di un bambino viene determinato già durante la vita uterina da fattori di tipo genetico e ormonale in senso generale. E’ evidente che poi fattori educativi, sociali, culturali, quello che si vuole, possano influenzare lo sviluppo o meno di alcune potenzialità legate al sesso genetico ma la determinazione del sesso è assolutamente biologica: negare questo vuol dire stare a sentire campane ideologiche piuttosto che attenersi all’obiettività conoscitiva scientifica e purtroppo ideologia e scienza vanno esattamente nella direzione opposta.

D. – Cosa bisogna auspicare per la libertà di ricerca?

R. – La ricerca scientifica deve essere libera per definizione: non esiste una ricerca vincolata a pregiudiziali né di tipo conoscitivo né tantomeno di tipo ideologico o culturale. Purtroppo oggi è vero che esiste una pressione contro questa ovvietà, esiste la possibilità di essere tacciati di atteggiamento oscurantista, arretrato, se si approfondisce l’obiettività di alcune situazioni che sono conoscibili in modo obiettivo. La ricerca deve essere assolutamente libera. Quello che si può auspicare è che modelli ideologici e soprattutto politica e pressioni culturali non interferiscano con l’attività dei ricercatori.








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