2017-05-08 12:40:00

Giordania: segni di speranza dal campo profughi di Zaatari


Anche se con alcune violazioni, è sostanzialmente stabile la situazione nelle 4 zone di de-escalation, grazie all’accordo nei giorni scorsi fra Russia, Turchia e Iran. E' poi cominciata l'evacuazione di ribelli e civili dalla zona di Barzeh, il quartiere alla periferia nordorientale di Damasco. Si tratta della prima uscita di ribelli dalla capitale siriana dal 2011. La situazione intanto continua ad essere difficile per le migliaia di profughi fuggiti dalla Siria. Zaatari, in Giordania, è il campo profughi più grande della Regione. Una panoramica nel servizio di Debora Donnini:

A Zaatari, uno dei 4 campi giordani, sono accolti più di 80mila profughi. In tutto sono 650mila i siriani fuggiti in Giordania ma solo 120 mila vivono nei campi. Molti però vi cercano, poi, rifugio non trovando lavoro nel Paese. Una realtà di sofferenza ma anche di inizio di una ricostruzione, testimonia il giornalista Vincenzo Giardina, inviato dell’agenzia di stampa DIRE in Giordania, che in questi giorni sta visitando alcune località al confine con la Siria:

“Zaatari è un campo di container di metallo, è sterminato: c’è una collina a poche decina di metri dalla quale è possibile osservarlo in lontananza. Vi sono container dai molti colori ed è curioso perché la zona è un deserto di rocce bianco, ocra, avorio. E’ pieno di polvere. È chiaro che nel campo c’è un’assistenza importante: è gestito con attenzione, con risorse da parte dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati in collaborazione con lo Stato giordano. Quindi ci sono distribuzioni regolari di alimenti. Addirittura ci sono dei sussidi quotidiani; credo che la cifra sia circa di dieci dinari giordani al giorno, che dovrebbero essere circa 16 euro”.

A donare aiuto è senz’altro l’ospedale nel quale è impegnata anche l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Il direttore dell'Agenzia, Laura Frigenti:

“L’Italia è presente in questo campo profughi in due settori. Il primo è l’equipaggiamento e la gestione di un poliambulatorio funzionale, molto efficiente che copre tutto. Qui è l’unica struttura che ha per esempio delle capacità radiologiche e dove l’Italia mantiene anche una fornitura aggiornata di medicinali essenziali. Il secondo è quello delle donne che sono aiutate e assistite dai vari punti di vista”.

Un impegno importante, quello per le donne, specialmente grazie al progetto di UnWomen finanziato, appunto, anche dalla cooperazione italiana. Ancora Vincenzo Giardina:

“Ci sono corsi di formazione, di tessitura e altre attività che garantiscono lo stipendio mensile minimo di 210 dollari al mese, che è una cifra di rilievo qui a Zaatari. Tutto questo per dare speranza a tante donne che magari dopo aver perso un marito, un fratello, dopo essersi ritrovate capo-famiglia in un Paese straniero, per avere la possibilità, un domani in una Siria pacificata, di poter ricominciare”.

Un simbolo di speranza è senz’altro il Parco “Isola di Lampedusa” appena inaugurato in una zona al confine con la Siria: un nome non casuale che accomuna Paesi distanti geograficamente fra loro ma vicini nell’accoglienza ai profughi, come Giordania e Italia. L’uno fin dagli anni ’70 con i palestinesi, poi con gli iracheni e oggi con i siriani, l’altro impegnato da tempo nel Mediterraneo. Un Parco per dire “sì” all’accoglienza di chi fugge da morte e distruzione.








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