2017-05-08 15:46:00

Due nuovi naufragi, 200 dispersi. Del Grande: l'indifferenza uccide


Due nuovi naufragi al largo delle coste libiche: almeno 113 persone risultano disperse in mare dopo il naufragio di un gommone avvenuto ieri al largo delle coste libiche. Secondo Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Oim, le operazioni di soccorso sono riuscite a salvare solo sette persone, sei uomini e una donna. C'è anche lo scafista di un gommone tra le circa ottanta vittime di un altro naufragio avvenuto due giorni fa sempre al largo della Libia. Lo hanno raccontato i sopravvissuti, sbarcati ieri a Pozzallo, sentiti su disposizione della Procura di Ragusa. L'alto commissario dell'Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, riferisce in una nota che da venerdì oltre seimila persone hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere l'Italia, portando il totale di quest'anno a oltre 43mila e il numero di chi è scomparso a più di 1.150. "Il salvataggio in mare - afferma - è più essenziale che mai" e per questo il ruolo delle Ong nei salvataggi in mare è importantissimo, ma la cosa più urgente è ora cercare di prevenire le partenze, lavorando in collaborazione con i Paesi di origine. Sul protrarsi ormai da quasi vent’anni di queste tragedie dell’immigrazione, abbiamo sentito Gabriele Del Grande, blogger e scrittore, fondatore nel 2006 dell’Osservatorio Fortress Europe sulle morti nel Mediterraneo. L’intervista è di Fabio Colagrande:

R. – Penso che l’indifferenza e la mancata ricerca di una soluzione alternativa al problema siano ormai drammatiche. Da 15 anni ormai assistiamo inermi, ogni anno, a questi conteggi e queste stragi in mare che si ripetono dalla fine degli ’90. I morti sono più di 30 mila lungo quelle rotte, non solo quella siriana ma anche quella greca e spagnola. Eppure, ogni anno si continuano a ripetere gli stessi errori, si continuano a chiudere sempre di più le vie legali, ovvero la possibilità di rilasciare dei visti a quelle persone, a quei viaggiatori, a quei lavoratori, e s’incrementa solo la risposta della repressione in mare, del controllo alla frontiera, dei respingimenti … Gli unici risultati che noi vediamo da 20 anni a questa parte sono lo spostarsi delle rotte sui tratti di mare più pericolosi, il crescente cinismo delle mafie sull’altro lato del mare, per cui ormai si imbarcano i passeggeri in condizioni sempre più precarie, e chiaramente poi la conta dei morti si allunga. L’unico modo per fermare questa strage, lo ripeto da anni e non sono il solo, è quello di preveder dei meccanismi più sensati, più pragmatici, di mobilità legale, regolare, cioè dare a quelle stesse persone che oggi si rivolgono al contrabbando libico, la possibilità di ottenere un visto. Perché poi il problema principale è il monopolio della mobilità sud- nord della mafia libica; chiunque voglia viaggiare, voglia spostarsi dall’Africa verso l’Europa ha soltanto quel canale per poterlo fare. Se si sperimentasse, se si aprissero dei canali legali attraverso le ambasciate di tutti i Paesi europei si potrebbe risolvere o quanto meno ridurre molto il fenomeno.

D. - Nel 2016, le Ong secondo i dati Onu, avrebbero salvato più di 46mila persone nel Mediterraneo eppure ora sembra che siano sotto accusa per collusione presunta con gli scafisti …

R. - Mi sembra un delirio. Questa è l’unica parola che mi viene in mente. Credo che le Ong stiano svolgendo un ruolo fondamentale. In mare, in questi anni, hanno salvato decine di migliaia di persone, hanno dato quindi manforte alla Guarda costiera, alla Marina militare. Nonostante un grandissimo dispiego di mezzi, che fa onore alle forze militari italiane che hanno un dispositivo di salvataggio enorme in mare, che ha permesso loro di salvare centinaia di migliaia di persone in questi anni, è solo grazie alle Ong che ne abbiamo potute salvare ancora di più. Per cui è qualche cosa che fa onore non soltanto all’Italia come Paese, all’Europa come continente, ma anche al mondo delle Ong, dei volontari, che si sono mossi in questa direzione. Dopo di che se il grande problema è il fatto che arrivano delle telefonate con richieste di salvataggio, mi sembra che siamo al delirio. Questo non si chiama favoreggiamento: si chiama salvataggio! Salvataggio che tra l’altro è un obbligo; non c’è la possibilità di scegliere se intervenire o meno. In mare per il Diritto marittimo, il salvataggio è un obbligo: chiunque si trovi in zona, in prossimità di una barca in avaria o in difficoltà ha l’obbligo di intervenire. Salvare persone in mare non significa favorire l’immigrazione clandestina, ma significa salvare delle donne, dei bambini, degli uomini e portarli a terra. È un obbligo non soltanto morale ma anche giuridico. Trovo gravissime queste accuse, trovo gravissimo l’atteggiamento di chi a livello politico o altro ci specula sopra per guadagnare un consenso piuttosto che cinque minuti di gloria o di celebrità. Alle persone che salvano vite in mare dovremmo costruire un monumento. Che sia la Guardia costiera, le Ong, i pescatori o le navi mercantili. Veramente tantissimi agenti hanno partecipato al salvataggio. Massimo rispetto per le Ong che hanno scelto di intervenire in quel tratto di mare. Poi, ripeto, se la politica ci tenesse davvero a risolvere il problema, dovrebbe chiedersi non come limitare il salvataggio, ma come aprire canali legali affinché quelle persone non siano più costrette a imbarcarsi.








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