2017-05-06 14:33:00

Bonus mamma, boom di richieste. Rosina: “Aiuti siano stabili”


Circa 30mila domande nelle prime 36 ore. E’ boom di richieste per il bonus mamma da 800 euro, dopo che l’Inps lo scorso giovedì ha aperto le procedure per l’ottenimento del premio economico, previsto per tutti i bambini nati nel 2017. La somma è concessa in un'unica soluzione in relazione ad ogni figlio nato, adottato o affidato. La domanda può essere presentata via web utilizzando il portale dell’Inps, chiamando il Contact Center al numero 803164 oppure rivolgendosi a un patronato. Per un commento sui reali benefici di questa misura, Marco Guerra ha intervistato Alessandro Rosina, professore di Demografia e Statistica della Cattolica di Milano:

R. – Sono due gli aspetti positivi. Uno è quello economico. Effettivamente è comunque un riconoscimento che viene dato per un evento importante come l’arrivo di un figlio in un periodo economico del Paese non facile e quindi questa scelta di avere un figlio è stata non solo incoraggiata, ma sostenuta, aiutata. Ma poi ha anche un valore simbolico perché vorrà essere l’inizio di un percorso in cui ci sia un’attenzione particolare finalmente, ma continuativa e solida, nei confronti delle coppie che decidono di avere figli. Teniamo presente che noi siamo uno dei Paesi con la più bassa fecondità al mondo; abbiamo raggiunto livelli di nascite tra i più bassi di sempre dall’unità d’Italia in poi e quindi abbiamo bisogno di dare un segnale che lo Stato, che la comunità va ad incoraggiare e va incontro a chi fa questa scelta importante.

D. - Una misura una tantum così, di 800 euro, può incentivare le nascite o è solamente un premio a chi ha avuto il merito di formare comunque una nuova famiglia?

R. - Attualmente è la seconda. Non può incentivare le nascite come misura in sé; può esserlo solo se ha una sua continuità nel tempo e se si affianca e viene rafforzata anche da altre misure. Serve quindi a iniziare un percorso diverso in cui c’è una corenza di aiuti e sostegni che guardano all’aspetto economico ma anche al tema dei servizi o di conciliazione fra lavoro e famiglia. Il caso di altri Paesi che sono intervenuti con politiche ampie ma solide e continuative nel tempo, fanno vedere che solo così si possono incentivare le coppie a realizzare la scelta di formare una famiglia, avere un figlio, e non invece lasciarla in sospeso e posticiparla.

D. - Lei ha accennato anche alla necessità di servizi e strutture. Infatti la conciliazione lavoro-famiglia è importantissima: quindi bisogna proprio reimpostare la società in modo tale da conciliarla con le esigenze famigliari …

R. - Noi continuiamo purtroppo ad avere una copertura di servizi per l’infanzia e anche una rigidità nel loro utilizzo e costi, che effettivamente non stanno aiutando la conciliazione, sicuramente non ai livelli di altri Paesi. Abbiamo poi un part time che è più basso rispetto alla media europea ed è più facilmente imposto che volontario. Quindi abbiamo veramente bisogno di riorientare le politiche a favore delle famiglie. Questo bonus mamma può senz’altro esser di aiuto, ma non può esser la risposta complessiva a un tema che ormai è diventato enorme e che il Paese deve affrontare con tutta l’attenzione che merita.

D. - Lei ha parlato del messaggio simbolico che può lanciare comunque una scelta di investire sulla famiglia anche se non è strutturale. C’è quindi anche l’esigenza di cambiare il piano antropologico e culturale per tornare a fare figli: non è solo una questione economica …

R. - Assolutamente sì e penso che questo sia preliminare a tutto il resto; possono avere successo delle scelte politiche e un piano di policy se si inserisce in un approccio culturale - e se vogliamo antropologico - diverso. Non possiamo continuare a pensare che i figli siano solo un bene privato a carico dei genitori; sono un valore che va a beneficio di tutta la collettività e quindi dobbiamo intenderlo in questo modo. Se invece continuiamo a pensare che la scelta di avere un figlio sia semplicemente un costo privato, non usciremo mai da questa situazione.

D. - Un figlio è un dato sociale, non è un dato individuale, insomma …

R. – Assolutamente. Quindi proprio per questo dobbiamo passare dall’idea del figlio come costo privato alle nuove nascite come valore sociale. La presenza solida delle nuove generazioni può rendere il Paese sostenibile dal punto di vista sociale, della crescita e del welfare. Al contrario, un Paese  sempre più squilibrato, che fa sempre meno figli, rischia di non crescere, di indebitarsi sempre di più, di non essere sostenibile dal punto di vista dei costi sociali e quindi andare verso un piano di declino sia demografico-economico e di diseguaglianze.








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