2017-04-23 09:30:00

Venezuela, proteste: senza violenze marcia per le vittime. Popolazione stremata


Migliaia di manifestanti vestiti di bianco hanno marciato in silenzio a Caracas, in Venezuela, per ricordare le 22 vittime delle repressioni avvenute nelle ultime tre settimane contro le proteste antigovernative. La marcia pacifica ha sfilato nella zona occidentale della capitale ritenuta una roccaforte chavista ed ha raggiunto la sede della Conferenza episcopale venezuelana, difronte alla quale è stata celebrata una preghiera ecumenica. Presenti tra i manifestanti molti simboli religiosi ed alcuni sacerdoti.  Nonostante i timori legati al clima di forte tensione non si sono registrate violenze. Tuttavia non si fermano i saccheggi dovuti alla grave crisi economica, la notte tra sabato e domenica i disordini hanno raggiunto anche la più grande baraccopoli della città. Di questa crisi Roberta Barbi ha parlato con Edoardo Leombruni, presidente dell’Associazione latinoamericana-Italia e coordinatore del Programma di aiuti umanitari per il Venezuela, che da anni, con i suoi volontari, si occupa della raccolta e dell’invio di farmaci in loco e ha ricevuto anche il sostegno di Caritas italiana:

R. – La situazione è veramente peggiore di quella che riceviamo dai media o dalle reti sociali. Indubbiamente il controllo dell’informazione è in mano al governo e pertanto di tutto quello che riguarda la cifra dei morti o delle persone che sono state private di libertà, non ne abbiamo contezza. L’assurdo in questo momento del Venezuela è che la gente è andata in strada per chiedere un diritto acquisito dalla modifica della Costituzione e dallo stesso presidente Chávez: ovvero il diritto al referendum revocatorio del presidente in atto. Non hanno ottenuto nemmeno questo, nemmeno l’applicazione della legge modificata dallo stesso Chávez.

D. - Un fenomeno particolarmente grave che si sta verificando è quello dei saccheggi. Nel Paese manca tutto: dai farmaci, ai generi alimentari. Come vive il popolo questa situazione?

R. - Il saccheggio è stata una costante della storia venezuelana degli ultimi 30 anni. Arriva nel momento di massima disperazione, del disordine anche della vita quotidiana e quasi sempre è dovuto alle persone, ai più diseredati, alle persone “de los barrios”, i quali, disperati, non sapendo cosa fare scendono – il concetto è  proprio quello di “bajar de los barrios”, scendere dai barrios - e andare a prendere quello che possono. È la disperazione, la fame e la necessità di farmaci che porta la gente a questi gesti terribili.

D. - Su quello che sta succedendo c’è anche un grosso rimpallo di responsabilità tra il governo di Maduro che afferma di bloccare i continui tentativi di golpe e le opposizioni nuovamente scese in piazza …

R. - Purtroppo in un Paese dove non abbiamo statistiche epidemiologiche sulle medicine, sulle morti, sui morti uccisi, sulla riacutizzazione della recrudescenza di malattia come malaria e tubercolosi, ci rendiamo conto che è difficile dire come sta la situazione. Possiamo solamente dire che il governo venezuelano afferma che si tratta di un golpe di Stato. Purtroppo il governo venezuelano probabilmente dimentica che i militari sono totalmente schierati con il sistema, pertanto non vedono il popolo che in questo momento non è armato, non ha la possibilità di avere gli F16 oppure le mitragliatrici per fare un golpe di Stato.

D. – La situazione in Venezuela attualmente è anche uno dei grandi nodi di politica estera da sciogliere per i vicini Stati Uniti. La Casa Bianca recentemente ha accusato il presidente venezuelano di “soffocare la voce degli esponenti più critici”…

R. – Questa è una delle principali situazioni della politica estera internazionale, soprattutto negli Stati Uniti, delle ultime settimane. Devo riconoscere che in qualche modo gli Stati Uniti - sia con l’amministrazione Obama sia con la nuova amministrazione Trump - sono stati sempre molto chiari nel condannare la condizione venezuelana. So che l’Organizzazione degli Stati Americani - di cui fa parte il Venezuela e della quale dovrebbe rispettare i dettami - si è pronunciata contro il governo venezuelano, ma non è cambiato nulla, la violenza continua. Il Venezuela è nel caos. Siamo quasi alle porte di una guerra civile, se per guerra civile intendiamo che il popolo, disarmato, esce in strada e si fa uccidere, come è accaduto in questi giorni.

D. - Dal punto di vista economico la situazione del Venezuela è critica da anni. Poi si è anche abbassato il prezzo del petrolio di cui il Paese è un grande esportatore. Lo spettro del default è ancora uno scenario possibile?

R. - Lo spettro del default non è più uno scenario possibile: il Venezuela è già in default da molti mesi. È uno dei Paesi dove la qualità di vita non c’è più, è un Paese che si è totalmente distrutto, l’economia è assolutamente inesistente, una famiglia della classe media ormai non arriva alla seconda settimana. Il governo venezuelano non riesce, purtroppo, ancora oggi, ad adempiere ai suoi obblighi.








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