2017-04-22 13:39:00

Presidenziali in Francia: incertezza sull'esito del voto


Elezioni presidenziali questa domenica in Francia. La campagna elettorale è stata vissuta all’insegna delle polemiche tra i principali candidati all’Eliseo. Sullo sfondo il perdurante stato di tensione causato dal recente attentato sugli Champs-Élysées, di cui il sedicente Stato Islamico ha assunto la paternità. Il servizio Giancarlo La Vella:

In un clima di grande incertezza, la Francia sceglie il prossimo presidente della Repubblica. Secondo i sondaggi, coloro che hanno maggiori possibilità di passare al ballottaggio a due, tra 15 giorni, sono il repubblicano François Fillon, ex primo ministro e deputato al Parlamento di Parigi; il radicale socialista Benoît Hamon, già più volte ministro dell’Educazione; Marine Le Pen, presidente del movimento di destra Fronte Nazionale ed europarlamentare; il centrista Emmanuel Macron, già ministro dell’Economia e dell’Industria nel governo Valls dal 2014 al 2016; Jean-Luc Mélenchon, fondatore del Partito di Sinistra ed europarlamentare.

Il successore all’Eliseo di François Hollande, il presidente socialista, primo nella Quinta Repubblica a non ripresentarsi per un secondo mandato, dovrebbe uscire da questo gruppo ristretto di candidati tra gli 11 in totale. Ma si tratta forse della consultazione più incerta nella storia recente francese, su cui, è impossibile negarlo, pesa l’effetto paura causato dall’attentato di Parigi, l’ultimo di una scia di attacchi che il fondamentalismo islamico ha perpetrato contro la Francia. Al centro del dibattito elettorale, anche l’Europa dopo la Brexit, l’immigrazione, l’economia e gli aspetti di una società che sta vedendo crescere la protesta nelle fasce degli immigrati ormai prossimi alla terza generazione. Ma che cosa influirà sul voto? Lo abbiamo chiesto a Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera, raggiunto telefonicamente a Parigi:

R. – C’è un insieme di cose che ha creato una dinamica politica elettorale totalmente inedita. Le primarie hanno praticamente azzerato i leader e creato poi un vuoto politico. È chiaro che, a questo punto, da un sistema bipartitico, binario, di classica alternanza, si è creato uno sparigliamento di posizioni, che ha portato praticamente a quattro pretendenti alla finale, con Hamon quinto uomo. E, quindi, diciamo che tutte le sorprese sono sulla carta.

D. – Quanto sta influendo il discorso Europa in queste elezioni?

R. – L’Europa come punto di riferimento e come capro espiatorio emblematico di tutta una serie di preoccupazioni, reali e presunte, dei francesi, dalla crisi economica, all’immigrazione, al terrorismo, alle periferie e quant’altro, è chiaro che conta. Anzi, direi che oggi la partita è proprio tra europeisti e antieuropeisti, anche se poi tutti, compresi gli europeisti - ossia Fillon e Macron - pensano a un’Europa diversa. Quindi tutti vogliono cambiare l’Europa. Marine Le Pen addirittura ne vuole uscire; Mélenchon non dice esplicitamente che ne vuole uscire, ma di fatto vuole una revisione totale dei Trattati. E sostanzialmente questa Europa non piace a nessuno, perché si sa che i francesi in generale non amano molto quest’Europa. Credo che la revisione profonda dell’Unione Europea, dei suoi meccanismi, dei suoi obiettivi soprattutto, e proprio del suo modello ideale e culturale, sia un problema sulla carta da tempo, e che vada risolto qualunque siano i risultati elettorali francesi, tedeschi, italiani e in generale. È chiaro che, dopo Brexit, un’elezione francese che portasse al potere candidati antieuropei, ma anche nel caso di un risultato più tranquillizzante, i problemi rimarrebbero sul tappeto; e questo la dice lunga su quanto è ampio il malessere complessivo della società francese, e quindi sui problemi che vanno affrontati.

D. – La Francia è il Paese europeo più colpito dal terrorismo fondamentalista. Tutto questo deve imbastire un dibattito interno, anche con le nuove emergenze sociali…

R. – Sì, non c’è dubbio. Direi quasi che il discorso che fa presa nella Francia profonda, ossia le frontiere da chiudere o da controllare meglio - Schengen ecc. - sembra quasi la foglia di fico, una specie di comodo alibi per non guardare in faccia la realtà interna del Paese: ossia lo stato drammatico delle periferie e, in generale, il rapporto traumatico, conflittuale, difficile, con le varie comunità di origine straniera, ma beninteso francesi a tutti gli effetti. E questo è il dramma francese. E gli stessi foreign fighters, che sono andati a combattere, sono appunto cittadini francesi che hanno la possibilità di viaggiare. Lo stesso terrorista dell’altra sera agli Champs-Élysées aveva fatto un tranquillissimo viaggio in Algeria non più tardi di qualche mese fa. Quindi questo tipo di frattura è diventata, invece, uno strisciante processo di identificazione con la religione musulmana e addirittura con il radicalismo. Questo è il processo drammatico.








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