2017-04-15 11:38:00

Pasqua in Centro Italia: con noi i vescovi di Norcia, Rieti e Ascoli


Una Pasqua difficile, ma anche tempo di speranza e resurrezione, quella che si celebra nelle regioni del centro Italia colpite dal terremoto che, dal 24 agosto, continua a far tremare le popolazioni, ancora in situazioni di grave precarietà. Ad Ascoli Piceno, proprio per la Pasqua, ha riaperto la cattedrale di Sant’Emidio. Giorgio Saracino ha intervistato mons. Giovanni D’Ercole, vescovo della città:

R. – La situazione attuale dopo alcuni mesi dal terremoto continua ad essere molto precaria. Credo che il bisogno più grande che la gente ha in questo momento sia quello di speranza, di prospettive, perché il tempo passa e forse le promesse fanno fatica a diventare realtà. Di conseguenza guardano al futuro con una certa diffidenza e paura. Hanno bisogno di qualche certezza, che qualcuno sia accanto a loro. Le istituzioni sono state presenti, non me la sento assolutamente di dire che sono mancate, anzi, hanno fatto il possibile, ma credo che l’intervento da porre in atto sia stato tanto vasto che non si arriva a tutto. 

D. – La Pasqua è risurrezione, una risurrezione necessaria per i terremotati …

R. – Io posso solo esprimere un grande auspicio: quello che la Pasqua possa compiere veramente un miracolo che noi tutti auspichiamo e per il quale preghiamo, ovvero che possa essere una rinascita soprattutto spirituale, perché non serve a nulla ricostruire le chiese, a nulla servirebbe ricostruire le case se prima non si ricostruiscono i cuori. Spero tanto che la Pasqua possa rimettere la pace nel cuore, possa aiutare queste popolazioni a riprendere fiducia in loro stesse, nelle istituzioni e, soprattutto, fiducia in Dio.

D. – Quanto la gente sta facendo leva sulla fede e sulla speranza?

R. – Devo dire che in questi giorni vedo tanta gente che si riavvicina dopo qualche passaggio un po’ faticoso e dopo qualche attitudine di rivolta verso Dio dopo il terremoto. Si riavvicinano, e sentono che hanno avuto persone accanto a loro, persone che hanno fatto sentite la tenerezza di Dio, l’amore di Dio.

Una Pasqua diversa, dura, perché le ferite del sisma sono ben visibili, quelle materiali e quelle spirituali. Mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, racconta  così l’Umbria  e al microfono di Giorgio Saracino spiega le necessità della popolazione:

R. – C’è la necessità di sicurezza, di tranquillità e di fiducia. Sicurezza e tranquillità nel senso che ci vogliono le case, sono arrivate alcune casette di legno, ne mancano altre, ci sono delle abitazioni multiple fatte con i container, dunque la gente piano piano ritrova un po’ di normalità, però certamente ci vuole la stabilità data da una struttura sicura e da un ritmo di vita tranquillo. C’è la necessità che le chiese ritornino ad essere utilizzabili. Purtroppo tante sono state distrutte o danneggiate gravemente. Dunque adesso, con l’aiuto di Caritas Italiana, stiamo cercando di procurare deli luoghi di culto stabili. Credo che l’emergenza sia per tutti, quindi anche le istituzioni devono far fronte ad una situazione particolarmente grave. Qualche ritardo c’è e questo giustifica un po’ l’amarezza e la frustrazione della gente.

D. –Che ruolo ha la fede in questa situazione?

R. – Direi che la fede aiuta a pensare, a ritrovare i punti cadine dell’esistenza, che cosa rimane veramente e che cosa invece può essere perduto in qualche secondo.

D. – Il Venerdì Santo è la Passione, la Domenica di Pasqua è la Risurrezione. Le popolazioni colpite possono partire da qui per una ‘loro’ risurrezione?

R. – Direi che i due temi sono strettamente legati, così come lo sono nelle celebrazioni liturgiche di questi giorni e la memoria della Passione non è slegata dalla Risurrezione, e la celebrazione della Risurrezione necessariamente prevede e considera la Passione. Dunque, anche per la gente della Val Nerina, dei territori di Norcia, la Passione apre alla Risurrezione.

D. – Sono previste iniziative per questi giorni di festa?

R. –Le celebrazioni liturgiche avranno luogo nelle tensostrutture, che attualmente fungono da chiese, in attesa di poter utilizzare i centri di comunità che sono in costruzione. Ci saranno momenti di condivisione, di fraternità organizzati dalle parrocchie, qualche momento di festa, qualche incontro dopo le celebrazioni liturgiche proprio per ritrovare, seppur con fatica, una qualche forma di vita normale, momenti di incontro, di dialogo, di condivisione e, nello stesso tempo, di consolazione reciproca.

In quei luoghi “ogni giorno è Venerdì Santo”, “da quando è stata piantata una croce”, in quella terra. Così mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, in chiusura  di Via Crucis. Alla sua diocesi appartengono molti dei territori toccati dal sisma, tra i quali  Accumoli e Amatrice , totalmente distrutte. Giorgio Saracino lo ha intervistato:

R. – Rispetto alle cose che restano da fare direi che siamo all’inizio. Sicuramente c’è bisogno del contributo di tutti, perché senza una comunità partecipe non basta l’aiuto dello Stato, seppur tempestivo e concreto. Perciò sono persuaso che soltanto attraverso l’integrazione di quello che è il compito delle istituzioni e quello che è invece il compito di ogni persona si possa pensare di riprendere il cammino.

D. – In che modo la fede aiuta la popolazione?

R.  – La fede, cioè la fiducia, è essenziale perché senza questo presupposto non si va da nessuna parte e si diventa facile preda della rassegnazione e del vittimismo. Perciò è importante che come cristiani si sia dentro questo processo che sarà lungo e complicato. Però vedo che i tanti gesti di solidarietà, che non sono mancati, rappresentano un sforzo a far sì che non si disperdano queste energie positive. Credo che la gente, se vede dei segni, anche piccoli ma concreti, è disposta a scommettere sul futuro.

D. – Come verranno vissuti questi giorni di festività pasquali?

R. – Saranno giorni in cui questi momenti della fede cristiana avranno un riverbero particolare sulle persone che vivono, in un certo senso, dal 24 agosto, una sorta di prolungato Venerdì Santo e, tuttavia, proprio la fiducia che nasce dal Crocifisso, e non semplicemente dalla Croce, diventa uno stimolo a sperare e andare avanti, oltre le difficoltà che permangono, perché si tratta di far ripartire la vita. Mi sembra che sicuramente il fatto della Pasqua sia per tutti un invito ad andare oltre il Venerdì Santo.

D. – Se dovesse rivolgere un appello alla popolazione e alle istituzioni, cosa direbbe?

R. – Semplicemente di camminare insieme cercando di mettere davanti sempre il “noi” della comunità, rispetto a quelli che pure possono essere i diritti legittimi di ciascuno, perché senza uno sguardo più ampio è difficile affrontare tutte le difficoltà che sono legate ad una devastazione come quella a cui abbiamo assistito in questi mesi.








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