2017-04-10 16:00:00

Sanità in Italia: cresce divario Nord-Sud. Aumentano malati cronici


La “questione meridionale” in primo piano nel Rapporto Osservasalute 2016, presentato oggi presso il Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma, presente il ministro della Salute Lorenzin. In oltre 500 pagine, disponibili anche on line, lo studio - giunto alla 14.ma edizione - illustra lo stato di salute degli italiani e l’efficacia delle strutture di assistenza sanitaria, distribuite sull’intero territorio, monitorate da 180 ricercatori di università ed enti del settore, oltre che dell’Istat. Roberta Gisotti ha intervistato Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, che ha redatto il Rapporto:

Un esercito che aumenta di malati cronici. Sono loro, documenta il rapporto, il maggior carico per la Sanità pubblica, tra i settori più esposti alla crisi economica negli ultimi 15 anni. Professor Ricciardi, quanti sono questi pazienti?

R. – Quasi il 40 per cento della popolazione italiana, quindi stiamo parlando di 23 milioni di italiani e di questi il 20 per cento ha due malattie croniche e questi assorbono da soli il 55 per cento delle risorse del servizio sanitario nazionale. Siamo veramente di fronte a una sfida epocale: se non ci riorganizziamo significa che alcuni di questi ai servizi non accederanno più.

D. – E’ possibile ottimizzare le loro cure, ci sono forse sprechi?

R. – Da una parte non si investe abbastanza in prevenzione, nel senso che questi pazienti arrivano alla cronicità perché pesano troppo, perché non fanno attività fisica, perché bevono troppo e perché fumano. Questi sono quattro fattori di rischio tutti modificabili. E’ chiaro che bisogna cercare di organizzarsi, perché abbandonati a se stessi i cittadini italiani, soltanto in misura molto limitata, accolgono i suggerimenti che li indirizzano verso comportamenti più saggi. E poi, certamente, quando si ammalano bisogna intervenire, però bisogna intervenire in maniera appropriata, con l’uso dei farmaci giusti, con l’uso degli interventi giusti, senza sprecare risorse.

D. – C’è un dato che sembra contraddittorio, cioè abbiamo una popolazione che invecchia ma diminuiscono i centenari. Come mai?

R. – Già l’anno scorso avevamo evidenziato che non saliva più l’aspettativa di vita, anzi era scesa di due mesi. Adesso c’è una diminuzione dei centenari. Nello stesso tempo però abbiamo ancora una delle aspettative di vita più elevate al mondo. Per cui sono segnali di allarme, ci stanno dicendo: state attenti perché state scavallando un’area di rischio e se non intervenite in tempo, in futuro, questi eventi negativi si riprodurranno molto più frequentemente.

D. – C’è un altro dato importante nel rapporto, spia di un divario nord-sud, direi, inaccettabile in un Paese democratico: i trentini vivono in media tre anni in più rispetto ai campani?

R. – Quasi quattro anni addirittura, quindi significa che campani, siciliani, calabresi, in genere i meridionali che 15 anni fa avevano almeno un anno di aspettativa di vita in più dei settentrionali hanno perso tutti i guadagni di vita maturati nel secondo dopo guerra, soltanto negli ultimi 15 anni quando la Sanità è stata devoluta alle regioni. Questo significa che le regioni, soprattutto quelle meridionali, non fanno abbastanza prevenzione. Infatti, sono le regioni che hanno i maggiori carichi di sovrappeso, di obesità, di diabete, di ipertensione e contemporaneamente quando i cittadini si ammalano non riescono a curarli adeguatamente. Questo è veramente difficile da accettare.

D. – Quindi si conferma quel dato estremamente allarmante che documentò il Censis giusto un anno fa, cioè che oltre 10 milioni di italiani avrebbero rinunciato alle cure o per liste d’attesa troppo lunghe o perché impossibilitati a pagare ticket e prestazioni private…

R. - Sicuramente è un fenomeno crescente e sicuramente non sono distribuiti in maniera omogenea. Sono sicuramente molti di più - e questi sono numeri certi - al sud, dove c’è una migrazione sanitaria crescente: sono centinaia di migliaia oggi i pazienti che migrano dal sud al nord e non lo fanno soltanto per condizioni particolarmente gravi ma perché molto spesso non trovano assistenza sanitaria di base adeguata e questo è qualcosa che ci deve far riflettere.








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