2017-04-05 14:00:00

Una testimonianza di affido: l'amore dà gioia e cambia i cuori


Alina ha tre anni, è nata in Trentino da genitori immigrati dal Pakistan. Alla nascita risulta malata della stessa malattia genetica, ancora sconosciuta e senza cure, che aveva portato via tempo prima il fratellino. Per i genitori è un dolore troppo grande, non si sentono capaci di affrontarlo e chiedono perciò per lei un affido presso un’altra famiglia. Lo trovano in quella di Irene ed Emilio. L’accoglienza doveva durare qualche mese e invece è ancora in corso. Con momenti di difficoltà, di fatica, di timore per la salute di Alina, ma anche di gioia e di crescita, non solo per loro. Ma come mai a Irene e ad Emilio è venuta l’idea di questo affido? Ascoltiamo la loro testimonianza raccolta da Adriana Masotti

Irene:

R. - Noi già da tempo eravamo vicini a un’associazione che si chiama “Famiglie per l’accoglienza” e avevamo visto famiglie accoglienti e soprattutto liete nonostante la fatica. Avevamo una grande gratitudine per il fatto di aver festeggiato da poco i 25 anni di matrimonio con i nostri tre figli, sani. Inoltre, da pochi anni eravamo riusciti anche a comprare una casa molto spaziosa, però avere tanto spazio poi è anche una domanda…

D. - Al momento dell’affido sapevate già dei problemi di salute della bimba? E quale è stata la vostra reazione quando l’avete saputo?

R. – Alina è arrivata da noi che aveva 7 mesi. E’ arrivata perché l’associazione ha inviato una mail dicendo che c’era una bambina dimissibile subito e si cercava una famiglia per 3-4 mesi. Quindi, già da questa striminzita mail si capiva che qualche problema di salute c’era. In realtà, poi, abbiamo saputo che Alina ha due malattie, una della pelle e un’altra che a tutt’oggi non ha un nome. La nostra posizione è stata questa: ci siamo guardati e abbiamo capito che nonostante tutte le informazioni che ci stavano dando quell’accoglienza voleva dire sgomberare il campo da tutti i “ma”, i “se”, i “forse”, i “però”, semplicemente affidarci.

D. - Insomma dovete seguire molto la vostra bimba, che cosa allora vi aiuta tutti i giorni a superare i momenti più difficili?

R. – Ci sono stati momenti in cui eravamo in ginocchio… I momenti più difficili sono i frequenti ricoveri. Nel frattempo, comunque, sono migliorati anche i servizi che ci sono stati offerti proprio dai servizi sociali e dall’azienda sanitaria trentina. Ma, sicuramente, quello che ci fa rialzare è avere la percezione che questa bimba c’è stata affidata e che noi siamo stati scelti per questa cosa: cambia totalmente la prospettiva. E, comunque, la preghiera ci sostiene.

D. - Avete anche tanti amici che vi stanno vicini?

R. – Sicuramente, però, direi che ne abbiamo di nuovi proprio perché Alina calamita l’amore nostro e anche delle persone che la incontrano. Lei ci ha fatto capire che da soli non ce la possiamo fare.

Emilio:

R. – Io ho detto a mia moglie, quando abbiamo preso Alina, che secondo me dovevamo chiamare tutti quelli disponibili per riuscire a farcela perché era una bambina che ci avrebbe messo alla prova.

D. – Voi avete fatto questa scelta e non siete pentiti, mi pare di aver capito… Ma come vivono i vostri figli la presenza di Alina in famiglia?

R. – Devo dire che i miei figli sono veramente bravi figli, sono responsabili e vogliono tantissimo bene ad Alina!

Irene

R.  – E’ stato un crescendo di affetto.

D. – L’abbiamo accennato prima. Questo vostro amore generoso nei confronti di Alina non è passato inosservato, ha toccato tante persone e sta cambiando anche situazioni…

R. – Sì. Emilio prima mi diceva che la parola che meglio risponde a questa domanda è accorgersi di essere “testimoni”. E’ un compito grande che il Signore ci ha affidato, che stupisce tanti. Direi che sono cambiate anche piccole cose: una maturazione dei miei figli, per me ed Emilio il permanere della nostra unità, il ridarci le ragioni, come se questa esperienza introducesse proprio un altro sguardo sulle cose o comunque gli altri guardandoci si ponessero domande diverse.

Emilio:

R. – Alina ci ha cambiato veramente anche le abitudini perché ogni giorno è uno sguardo su di lei e prima di pensare ad altre cose il punto di memoria  è lei. Mi accorgo che è un bene che cambia, che cambia me e anche la mia famiglia, naturalmente.

Irene:

R.  – Recentemente ho conosciuto una mamma, il suo piccolo di 40 giorni ha una malattia della pelle, il suo primo figlio: l’ho vista molto preoccupata e mi sono ritrovata a dirle questa cosa: “Ti auguro di fare un’esperienza di bene perché per noi è così”.

 








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