2017-03-30 13:16:00

Trump: dazi sui prodotti Ue. Anche la Vespa nel mirino Usa


La Vespa, l'acqua minerale Perrier, i formaggi francesi e altro ancora sarebbero gli eventuali bersagli del protezionismo di Donald Trump. I dazi, in ritorsione di un contenzioso tra Ue e Usa sull’importazione di carne americana, potrebbero raggiungere il 100% del valore dei prodotti, il che ha già provocato in borsa un -3% per la Piaggio che però non mostra preoccupazione: il mercato americano complessivo corrisponderebbe a meno del 5% del fatturato. Francesca Sabatinelli:

La storia non è di oggi, ma risale addirittura agli ultimi anni del XX secolo. Il contenzioso tra Ue e Usa riguardava l’importazione in Europa di carne trattata con ormoni. Nel 2009 la presunta svolta: l’Unione aveva accettato di aprire il mercato a carne non trattata. Un accordo poi non mantenuto, né secondo Washington, ma neanche secondo l’Organizzazione mondiale del commercio. E oggi si torna alla eventualità di tariffe commerciali al 100% sulle importazioni negli Stati Uniti di alcuni prodotti europei. Carlo Altomonte, docente di Politiche economiche all’Università Bocconi di Milano:

R.  – Questa non è un’operazione unilaterale di Trump che decide di mettere dei dazi all’importazione dei prodotti dall’Unione Europea. E’ il risultato di un contenzioso aperto tra Stati Uniti e Unione Europea. E’ stato raggiunto un compromesso in sede di Organizzazione mondiale del commercio (Wto ndr) in cui l’Unione Europea doveva selettivamente aprire il mercato alla carne americana, ovviamente informando i consumatori con l’etichettatura che di carne americana trattavasi. Secondo gli Stati Uniti questo compromesso non viene rispettato dall’Unione Europea e, quindi, loro hanno tutte le ragioni, se così fosse, di imporre i cosiddetti dazi compensativi che sono legali per norma Wto. Siccome gli Stati Uniti, per imporre questi dazi compensativi, devono creare un danno pari al danno che noi creiamo impedendo agli Stati Uniti di esportare la loro carne, loro decidono di prendere come obiettivo dei loro dazi una serie di prodotti che non colpiscono un solo Paese ma un numero ampio di Paesi tra cui i principali importatori, cioè Italia, Francia, Germania ...

D. – Questo però avrebbe delle ricadute che, immagino, l’Unione Europea abbia messo nei suoi calcoli in questo braccio di ferro per via della carne…

R. – Assolutamente. Si tratterà di vedere in sede di Consiglio (europeo ndr) i produttori storici di carne - Irlanda, Francia, Italia - verso quelli che la importano, quali saranno le loro ragioni, dove tirare la riga e trovare un compromesso, evidentemente. Quindi questa è una mossa che gli Stati Uniti fanno per sbloccare una trattativa che si è incagliata. Se l’Unione Europea troverà un accordo che consenta di portare avanti il compromesso con l’amministrazione americana, questi dazi non avranno ragione di essere; se l’Unione Europea vorrà continuare a proteggere, secondo il Wto in maniera non completamente legale, la propria industria della carne, altre industrie ne faranno le spese. E a questo punto poi bisognerà vedere all’interno dei singoli Paesi dove tirare la riga tra i costi e benefici di questo. Perciò è importante l’Organizzazione mondiale del commercio, perché all’interno ci sono regole che tutti rispettano e rispetto alle quali poi si evitano le guerre commerciali e si trova un giusto compromesso.

D.  – Quanto peserebbe questo protezionismo statunitense sui conti dell’Italia?

R.  - Peserebbe in maniera importante, perché gli Stati Uniti sono il nostro principale mercato di sbocco di tutta la nostra catena del valore, nel senso che anche se noi esportiamo in Germania e in Francia poi, alla fine, esportiamo roba che finisce negli Stati Uniti, che in assoluto sono il nostro terzo mercato di esportazione, ma in realtà il primo come destinazione finale. L’industria alimentare è molto importante per l’Italia stessa, quindi, sicuramente, stiamo parlando di almeno 5 miliardi di euro di esportazioni. L’idea di queste sanzioni è proprio quella di dire che alla fine conviene a tutti trovare un corretto compromesso partendo dal fatto che l’Unione Europea in questo caso ha torto nel bloccare le importazioni di carne con gli ormoni, non si può bloccarla a prescindere. Ci sono regole sulla etichettatura, c’è il principio di precauzione: se si dimostra che un prodotto fa male alla salute non si importa; se si dimostra che non fa male non c’è ragione di bloccare le importazioni.








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