2017-03-25 15:30:00

Msf: nei conflitti sempre più ospedali obiettivo dei raid


Le guerre non conoscono più limiti e colpiscono anche gli ospedali. Nel 2016 sono stati riportati 74 attacchi ad almeno 34 strutture mediche, gestite o supportate da Medici senza Frontiere (Msf), in Siria e nello Yemen. I bombardamenti vanno avanti nonostante la risoluzione 2286, adottata nel maggio 2016 dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e in violazione della storica Convenzione di Ginevra. La denuncia di Msf racconta di diversi paesi coinvolti nell’emergenza: Siria, Yemen, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana e Nigeria, quelli più colpiti dai bombardamenti diretti a strutture o presidi ospedalieri. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’inizio della guerra in Siria ben il 55% degli ospedali pubblici ha chiuso o in parte non funziona. Ne consegue che molti civili non hanno più la possibilità di curarsi o nutrono addirittura paura nel recarsi presso i nosocomi per paura dei raid aerei. Su come è cambiata la geografia dei conflitti, soprattutto in relazione agli obiettivi militari civili, come ospedali, scuole e piazze, se n’è parlato a uno dei “Dialoghi” che Msf ha organizzato per approfondire le sfide odierne dell’azione umanitaria. Il servizio di Daniele Gargagliano:

Guerre senza regole, senza fini e confini netti, e legate ad interessi ormai sovranazionali. Con il risultato che anche gli ospedali sono diventati obiettivi strategici da colpire. Dal Medio Oriente all’Africa sono tante le strutture ospedaliere bombardate, da una parte o dall’altra del fronte. Tra queste, solo nel 2016, trentaquattro quelle gestite o supportare da Msf solo nel 2016. L'Organizzazione denuncia da anni il mancato rispetto del diritto umanitario internazionale e dell’imbarbarimento dei conflitti. Una brutalità che priva milioni di persone, soprattutto civili, della loro unica speranza: il ricorso alle cure e all’assistenza medica nei territori colpiti dalla guerra. Il direttore generale di Msf Italia, Gabriele Eminente:

"Quello che vediamo da qualche anno è che c’è una tendenza pericolosissima a superare delle linee rosse che sono state definite molti anni fa. Uno di questi principi, ad esempio, è che un ospedale funzionante e ben segnalato, in una situazione di conflitto non deve essere mai attaccato; anzi al contrario deve essere protetto. Questo principio, ripeto. sancito tra l’altro dalla Convenzione di Ginevra - parliamo di una convenzione di ormai quasi settant’anni fa - è un principio che, vediamo, è sempre più sistematicamente messo in discussione".

Gli attacchi hanno cambiato anche il rapporto e l’approccio delle persone con queste strutture. I civili, alle volte, preferiscono infatti non recarsi negli ospedali per paura di rimanere coinvolti in un bombardamento. Un sentimento di diffidenza e di paura che li spinge a rifiutare la mano protesa dei tanti operatori sanitari impegnati in teatri di guerra. Come quella del chirurgo, Elda Baggio, che ha preso parte a diverse missioni umanitarie, tra cui anche una in Yemen.

"Fintantoché l'ospedale era un luogo sicuro in cui rifugiarsi - non sempre l'ospedale governativo, ma sicuramente quello come Msf o similari in cui chiunque aveva diritto ad entrare - diffidenza non c’era. Nello Yemen, bombardato sia da Sud che da Nord, le popolazioni vedono nell’ospedale un possibile target, per cui diventa difficile…Nel periodo in cui ero nello Yemen è stato bombardato l’ospedale di Saada, lasciando una popolazione di 200mila persone senza ospedali..."

I target non sono soli gli ospedali, ma anche le ambulanze mentre trasportano i feriti o, ancora prima, i luoghi pubblici, come piazze e mercati. Così, i signori della guerra cercano di guadagnare un vantaggio militare privando dell’assistenza sanitaria un numero ingente di persone. Cambia la strategia e si trasformano anche gli interessi economici e politici che si nascondo dietro questi conflitti. Lo spiega il generale di corpo d’armata, Fabio Mini:

"Gli attori fondamentali non sono più gli Stati e non sono neanche le casate o le dinastie; sono delle entità multinazionali private, per interessi privati, fini privatistici e senza fine, perché questi interessi continuano ad autoalimentarsi".








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