2017-03-25 08:00:00

Lateranense: la creatività al centro del rinnovamento della Chiesa


Si conclude oggi il primo Festival Internazionale della Creatività nel Management Pastorale, promosso dalla Pontificia Università Lateranense. L’evento di tre giorni ha visto la partecipazione di personalità della Chiesa provenienti da tutto il mondo per confrontarsi sull’ambiziosa domanda “Quale Chiesa tra vent’anni?”. Il rettore dell’ateneo pontificio, mons. Enrico Dal Covolo, ha sottolineato che, come insegna Papa Francesco, “si è creativi per essere fedeli, innanzitutto fedeli alla Parola di Dio”. Ancora, mons. Dal Covolo ha auspicato che la Chiesa, nell’essere creativa, possa essere sempre più “accogliente e ricca di speranza”. Sull’importanza di questo Festival, unico nel suo genere, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Gulio Carpi, direttore della Scuola Internazionale di Management Pastorale alla Lateranense:

R. – Ci immaginiamo di essere veramente figli di un Dio Creatore e creativo, e quindi se siamo veramente fatti a Sua immagine e somiglianza, la creatività dovrebbe essere all’ordine del giorno, dovrebbe essere il nostro elemento più naturale! Quando questo non avviene, potercene riappropriare significa ritornare alle origini: poter essere belli perché ci incontra, poter essere coinvolgenti, raccontare anche la bellezza del Vangelo e non semplicemente le problematiche che ci sono sul piano gestionale. Anzi, l’organizzazione dev’essere funzionale per permettere alle persone di sviluppare i propri talenti. Quindi è un’opportunità!

D. – Papa Francesco in tante occasioni, in particolare in Evangelii gaudium, sottolinea che nella Chiesa bisogna vincere la tentazione del “si è sempre fatto così”. La creatività, dunque, è una grande sfida, urgente e imprescindibile, per la Chiesa di oggi?

R. – Sì, come cristiani abbiamo proprio il dovere e l’imperativo di essere in prima linea, di essere "profeti della creatività".

D. – La creatività ha molto a che vedere anche con la Chiesa in uscita, perché la "Chiesa in uscita" di Francesco presuppone che si crei un nuovo cammino, nuovi percorso. E quindi al creatività è fondamentale?

R. – Anche perché mi immagino che se noi usciamo rimanendo noi stessi, non è niente di creativo, non è niente di che, mentre invece in qualche modo, poterci estroflettere ci permette veramente di incontrare gli altri, per la ricchezza che hanno e non tanto per lo stereotipo che abbiamo. La creatività è un buon paio di occhiali per poter leggere la realtà.

D. – Quali sono le sue aspettative per il “dopo”? Perché, ovviamente, non vuole essere un punto di arrivo ma un punto di partenza …

R. – La nostra aspettativa è che intanto le persone ne escano un po’ in "fibrillazione", ripensando a quello che viene fatto quotidianamente e magari spendendo anche un po’ meno e facendo un po’ di più, perché abbiamo più persone coinvolte anche nelle fasi di co-progettazione degli eventi. E quindi ci attendiamo questo fervore, che poi diventeranno anche documenti scientifici e, non ultimo, annuncio che diversi ricercatori internazionali qua presenti, che vengono dall’Australia e dagli Stati Uniti, hanno detto: “E' possibile esportare il Festival anche nelle nostre nazioni?” Un desiderio sincero e quindi direi che anche come italiani possiamo dare una buona testimonianza da questo punto di vista.








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