È inammissibile fare appello alle sacre Scritture per sostenere la legittimità della pena di morte. È quanto sottolinea l’episcopato delle Filippine in una dichiarazione pastorale contro la reintroduzione della pena capitale nella quale i vescovi hanno lanciato un nuovo, accorato appello in difesa della vita. Il messaggio è stato letto, domenica scorsa, in tutte le chiese del Paese. “Non lasciamo – si legge nel documento ripreso dall’Osservatore Romano - che i nostri pozzi vengano avvelenati da un’acqua amara; cerchiamo di difendere la santità della vita e di prendere posizione contro la pena di morte”. “Le vittime e i carnefici – si legge nel messaggio firmato dall’arcivescovo di Lingayen-Dagupan, mons. Socrates B. Villegas, presidente della Conferenza episcopale filippina - sono entrambi nostri fratelli e sorelle”. “La vittima e l’oppressore – aggiungono i presuli - sono entrambi figli di Dio. Per il colpevole offriamo la possibilità di pentirsi e riparare il danno dei loro peccati. Per le vittime, offriamo il nostro amore, la nostra compassione, la nostra speranza”.
Approvata dal Parlamento la proposta per il ripristino della pena di morte
In poco più di 10 anni la posizione delle Filippine sulla pena capitale è radicalmente
mutata. Nel 2006 Gloria Macapagal Arroyo firmava la legge per l’abolizione della pena
di morte. Dopo pochi giorni da quella ratifica, l’allora presidente del Paese asiatico
illustrava, il 26 giugno del 2006 in Vaticano, il provvedimento a Benedetto XVI sottolineando
che venivano automaticamente commutati in ergastoli 1.200 sentenze in attesa di esecuzione.
Dopo quasi 11 anni, con una schiacciante maggioranza di sì, il Parlamento delle Filippine
ha approvato nei giorni scorsi il ripristino della pena capitale per diversi reati.
Tra questi lo stupro, l’omicidio e crimini legati all’importazione, alla vendita,
alla fabbricazione, alla consegna e alla distribuzione di sostanze stupefacenti. La
proposta di legge deve ora essere approvata dal Senato, prima che possa essere firmata
e tramutata in legge dal presidente Rodrigo Duterte, favorevole al ripristino della
pena di morte. In caso di approvazione, l’opposizione ha già annunciato che ricorrerà
alla Corte Suprema.
Contro Duterte richiesta di impeachment e denunce di Ong
Contro il presidente filippino Duterte è stata formalizzata nei giorni scorsi una
richiesta di impeachment firmata dal deputato Gary Alejano. Abuso di potere, corruzione
e conflitto di interesse sono alcune delle accuse mosse contro il capo di Stato, che
oltre a far registrare un rilevante consenso popolare, può anche contare su una solida
maggioranza in Parlamento. Nella richiesta di impeachment viene soprattutto denunciato
l’impiego di squadre della morte nella lotta contro la criminalità. Da quando, il
30 giugno del 2016, il presidente Duterte è salito al potere, nelle strade delle Filippine
– ha inoltre reso noto nei giorni scorsi Amnesty International - ci sono stati più
di 8000 morti, molti dei quali a seguito di esecuzioni extragiudiziali nel contesto
della cosiddetta “guerra alla droga” proclamata dal presidente filippino. “La 'guerra
alla droga' di Duterte – ha affermato poi Peter Bouckaert, direttore della sezione
‘Emergenze’ di Human Rights Watch e autore del recente rapporto “Licenza di uccidere”
– dovrebbe essere intesa più propriamente come un crimine contro l'umanità, dato il
costante accanimento contro i più poveri. Se da un lato l’indignazione locale unita
alle pressioni globali o ad un'inchiesta internazionale porranno fine a questi omicidi,
dall’altro si spera che prima o poi i responsabili siano assicurati alla giustizia”.
La campagna #Noiseforlife
Nelle Filippine sono state promosse, recentemente, diverse iniziative contro il ripristino
della pena capitale. In particolare, nelle scuole e nelle università cattoliche è
stata lanciata la campagna #Noiseforlife. Studenti di centinaia di istituti in tutto
il Paese, da Manila a Davao, hanno manifestato pacificamente per ribadire il loro
“no” alla reintroduzione della pena di morte. La Chiesa - ha sottolineato infine James
Anthony Perez, presidente dell’associazione cattolica Filipinos for Life - ricorda
al popolo che prosperità e giustizia si ottengono attraverso il riconoscimento della
sacralità della vita umana prima di tutto, non tramite la sua negazione”. (A cura
di Amedeo Lomonaco)
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