2017-03-11 10:59:00

Terre des Hommes: violato diritto dei palestinesi all'istruzione


Sono sempre più numerose le violazioni del diritto all’istruzione dei bambini palestinesi. La denuncia è dell’organizzazione non governativa Terre des Hommes che ha dato vita ad un progetto per un supporto didattico dedicato soprattutto ai minori tra i 12 e i 17 anni che si trovano fuori dal sistema scolastico perché con bisogni speciali, con difficoltà di apprendimento, ma anche perché posti da Israele agli arresti domiciliari. Francesca Sabatinelli:

Ogni individuo ha diritto all’istruzione, che deve essere indirizzata al pieno sviluppo della persona umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Deve inoltre promuovere comprensione, tolleranza, amicizia fra le nazioni, i gruppi razziali e religiosi. E’ questa solo una parte dell’elaborato Articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani, uno tra i più violati. In Israele per esempio, dove le violazioni del diritto all’istruzione dei bambini palestinesi, sia di Gerusalemme Est che dell’area “C”, quella sotto il controllo e l’amministrazione israeliana, stanno aumentando. A documentarle è l’organizzazione Terre des Hommes, attiva in tutto il mondo nella protezione dei minori. Le misure definite “coercitive e restrittive” imposte dall’occupazione israeliana si concretizzano con arresti di studenti, anche molto giovani, con sgomberi forzati, con demolizioni, con intimidazioni e minacce anche verso il corpo insegnante. Guia Faglia, delegata di Terre des Hommes nei Territori Occupati Palestinesi, vive a Gerusalemme da cinque anni:

“Il nostro progetto mira a rendere la scuola un luogo non solo sicuro ma un luogo capace di accogliere tutti i bambini, con tutte le loro specificità, con i bisogni che hanno. Soprattutto in questo momento ci sono notevoli difficoltà che si esprimono anche in difficoltà di apprendimento dovute alle tensioni sociali e politiche di questa situazione”.

Terre des Hommes ha quindi organizzato le sue attività per la formazione di un team mobile che nei prossimi mesi darà un supporto didattico ai minori esclusi dal sistema educativo di Gerusalemme Est. Sono molti i giovani, anche di soli 12 anni, che si trovano agli arresti domiciliari e quindi fuori dal sistema scolastico.

R. – Dal 2015 si è molto inacerbita anche dal punto di vista legale la risposta militare, perché c’è una risposta militare data a questi bambini e anche il lancio di una pietra può avere una condanna fino a 20 anni di carcere. La situazione di questi bambini è di arresti domiciliari, magari temporanei. E comunque è una situazione per cui loro vengono allontanati dal sistema scolastico. Recentemente i bambini che stanno agli arresti domiciliari non solo non possono frequentare la scuola ma hanno anche l’obiettivo di fare servizi socialmente utili e quindi devono lavorare. Sono minori costretti dalle autorità israeliane a lavorare e quindi non riescono a continuare il loro percorso formativo all’interno del sistema educativo. Il progetto che supportiamo con fondi dell’Unione europea ci consente di avere un team mobile di educatori che supportano i bambini che sono agli arresti domiciliari nel loro percorso scolastico e quindi abbiamo la speranza che si reinseriscano alla fine del periodo di arresto per poi conseguire un diploma e quindi riuscire ad inserirsi nel seppur difficile mercato del lavoro palestinese.

D. - Quali sono nell’immediato le ricadute psicologiche su questi giovani?

R. - C’è una grande vulnerabilità dal punto di vista psicologico perché si accumulano tensioni, incubi notturni, insicurezza, paura di andare in giro anche per strada perché spesso quello che succede è che questi bambini vengono arrestati sulla via verso scuola, vengono accusati legittimamente o meno di aver lanciato delle pietre e quindi vengono poi arrestati e riescono ad ottenere gli arresti domiciliari ma non è loro concesso neanche di muoversi per andare a scuola, anche se accompagnati dai genitori. Questo li mette in uno stato di insicurezza, di depressione: crea rabbia, crea disillusione nei confronti della società. E’ una generazione che quindi fatica a crescere con delle visioni di un futuro sereno.








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