2017-03-09 11:30:00

Ridare speranza ai detenuti: il caso esemplare di Bollate


Resta un capitolo caldo, quello delle carceri in Italia. I nuovi suicidi dietro le sbarre, che hanno segnato in modo drammatico i primi mesi di quest'anno, hanno portato ancora una volta alla ribalta le condizioni, spesso disumane, in cui vivono i detenuti. Sovraffollamento, servizi sanitari carenti, mancanza di attività rieducative e di avviamento al lavoro sono alcuni dei fattori determinanti. Ma in Italia un caso esemplare c'è: è il penitenziario di Bollate, nel Milanese, un modello che potrebbe fare scuola. I particolari da Paola Simonetti:   

"Qui sto impazzendo. Non ce la faccio più, sono stanco". Sono le parole disperate che Valerio G., 22 anni, ha scritto in una lettera indirizzata a suo fratello, prima di togliersi la vita alla fine dello scorso febbraio nel carcere di Regina Coeli, a Roma. Un ragazzo provato anche da qualche problema psichiatrico, detenuto forse in un luogo non adatto al suo stato di salute psichica, come denunciato dall'associazione "Antigone" che ha reso pubblica la missiva del ragazzo. Ma Valerio è stato solo uno degli 11 detenuti che, al primo marzo di quest'anno, hanno deciso di farla finita dietro le sbarre; solo uno di coloro che sono andati fino in fondo dei 18mila che negli ultimi vent'anni hanno tentato il suicidio, ma sono stati fermati in tempo.

E se è vero che casi di suicidio siano impossibili da accomunare gli uni agli altri, poiché legati a motivazioni e reazioni diverse alla realtà carceraria, è indubbio che un filo rosso sotterraneo crea un altro rischio. Sotto accusa un enorme esubero di presenze: 55 mila ad oggi i detenuti a fronte di una reale capienza di 50 mila posti, carcerazioni inadeguate sentenziate per reati minori o profili psicologici fragili, scarso personale interno, ma anche un sistema detentivo incapace di saper dare obiettivi, rieducazione e reale riscatto umano e lavorativo. Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell'associazione "Antigone":

"Tutto è delegato ai singoli operatori che ovviamente, come ogni essere umano, possono essere più o meno attenti e quindi molto dipende da questo. Possiamo trovare carceri dove il direttore è una persona intraprendete e creativa; in questo caso il carcere si apre al territorio e crea posti di lavoro. Possiamo trovare invece un altro istituto dove si vive oramai con le celle aperte perché da qualche anno, come sapete, abbiamo aperto le porte delle celle, sì, ma nell’inattività: chi prima stava sulla branda, ora sta nei corridoi".

Eppure in Italia potrebbe fare scuola il modello esemplare del penitenziario di Bollate, in Lombardia, dove la vita dei detenuti è scandita da orari di lavoro, impegno sociale, educazione e istruzione. Un penitenziario di nuova generazione, aperto all’opera dei volontari, ma anche al territorio e alle aziende che lo popolano, dove spesso l’ex detenuto è in grado, una volta fuori, di trovare lavoro. Sentiamo ancora Marietti di "Antigone":

"Bollate è un carcere recente, perché è nato nel 2000, ed è nato con la vocazione di aprirsi al territorio e al proprio interno, perché ciò che lo contraddistingue è la responsabilizzazione. I detenuti non sono trattati come dei bambini, cosa che accade nella maggior parte degli istituti di pena, ma sono trattati come noi trattiamo le persone nel mondo libero, se non ovviamente per quel particolare che non è certo piccolo che non possono uscire dal carcere. Ma all’interno della struttura ferve la vita con attività che i detenuti gestiscono da soli: sono liberi di muoversi, di scegliere a quale partecipare e a quale no. Si tratta di attività non infantilizzanti: non gli si fa fare il corso di ceramica per poter dire che si comportano bene. Fanno attività che poi veramente hanno la possibilità di un futuro e un loro senso intrinseco".

Un modello di detenzione che potrebbe essere attuabile in tutto il territorio italiano, se, precisa "Antigone", ci fosse una regia centralizzata in grado di dettare regole condivise, sottraendo l’universo carcerario dalla profonda marginalità sociale in cui è collocato.








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