Torna per il quarto anno l’appuntamento "Voices of Faith", nella Casina Pio IV in Vaticano. Sono le voci della fede, di donne provenienti da tutto il mondo, le cui storie raccontano la lotta e l’impegno in difesa dei diritti umani. A collaborare con la Fidel Gotz foundation, organizzatore dell’evento, è il Jesuit refugee Service. La presentazione oggi a Roma. Francesca Sabatinelli:
Fare dell’impossibile il possibile, è lo spirito che animerà in Vaticano l’8 marzo in occasione della Giornata internazionale della donna, ‘Voices of faith’ che vedrà riunite donne provenienti da diversi Paesi del mondo unite nel raccontare, attraverso le loro storie, il contributo che in quanto donne di fede, e non solo, hanno fornito e continueranno a fornire nei processi di riconciliazione e di pacificazione. Con le loro testimonianze intendono anche essere di supporto a Papa Francesco e al suo richiamo alle politiche di non violenza. Nel corso dell’incontro si discuterà anche di come far ascoltare la voce delle donne, apporto importante se si vuole che la pace sia instaurata e sostenuta; soprattutto si alzerà la richiesta di maggiore accesso alle donne nei processi di pace e dialogo ad alto livello e in ruolo di responsabilità, anche a livello ecclesiale. Tra le partecipanti, Marguerite Barankitse, fondatrice di Maison Shalom, orfanotrofio in Burundi per bambini rimasti soli a causa della guerra civile, e creatrice di un ospedale, vincitrice di numerosi premi umanitari e che oggi vive fuori dal suo Paese perché considerata criminale:
R. - Moi, je viens d’un pays où beaucoup de femmes…
Vengo da un Paese in cui molte donne, senza fare tanto rumore, coltivavano la terra
di notte pur di nutrire i loro figli. Visto che gli uomini oggi sono impegnati nel
traffico di armi, di droga, a farsi la guerra, e visto che noi abbiamo una vocazione,
dovremmo dirci: andiamo! Bisogna seminare! Vedete, il male produce molto rumore, ma
il bene non ha bisogno di fare tanto rumore. E noi continueremo… Viviamo in un mondo
in cui gli uomini non vogliono più ascoltare la voce della loro mamma, della loro
donna, delle loro figlie … Ecco la mia testimonianza: avevo costruito la Maison Shalom
in Burundi, avevo costruito l’ospedale … ma un solo uomo, Pierre Nkurinziza (il presidente,
ndr), che voleva il potere, è riuscito a rovinare tutto: ha chiuso l’ospedale e ci
ha cacciati via! Questo accade perché per gli uomini che vogliono il potere, le donne
che invece si impegnano per la coesione sociale diventano il nemico numero uno. Per
esempio, io in questo momento sono definita una criminale: sulla mia testa pende un
mandato di cattura internazionale, per aver denunciato il crimine che il potere nel
mio Paese sta perpetrando e cioè uccidere i nostri bambini, stuprare le donne”.
D. - E qual è il messaggio che lei, con il suo lavoro e con il suo esempio, intende lanciare?
R. - Mon message c’est de montrer combien une femme chrétienne peut faire de l’impossible
…
Il mio messaggio è dimostrare come una donna cristiana possa rendere l’impossibile
possibile, come possa far cambiare completamente le cose. Questa è stata la mia esperienza
personale. Tutti mi dicevano: “Non ce la farai mai! Tu sei pazza!” … ed ecco che per
centinaia di migliaia di bambini, la situazione è cambiata: hanno cambiato la loro
vita, sono diventati medici, dottori, quando invece una volta vivevano per la strada;
ci sono bambini soldato che sono diventati meccanici; bambini prigionieri che sono
diventati insegnanti … Ecco, quindi, bisogna crederci! Voglio dimostrare che è possibile
rendere possibile l’impossibile …
La britannica Scilla Elworthy è la fondatrice dell’Oxford research group e nota attivista per la pace, con 30 anni di esperienza. Importantissima per lei la possibilità che le leadership siano aperte alle donne:
“I think it is absolutely vital not just for women but for humanity as a whole
…
Credo che sia fondamentale, e non soltanto per le donne, ma per l’umanità intera,
proprio in questa epoca, perché l’umanità si trova di fronte a grandi crisi che non
hanno precedenti create dall’uomo, come il riscaldamento globale, come la sovrappopolazione,
come il divario tra ricchi e poveri, come le migrazioni di massa … Ed è necessario
che noi risvegliamo la nostra consapevolezza, dobbiamo incrementare la nostra capacità
evolutiva per far fronte a queste sfide. Fino ad oggi, è mancato l’elemento femminile:
non abbiamo avuto una vera eguaglianza nella leadership”.
Oltre un certo limite le donne non riescono ad andare, vengono escluse, derise, emarginate, prosegue la Elworthy, ma il contributo delle donne è importante per il loro approccio diverso, più consapevole e più spirituale:
“In my profession for the last 30-40 years that has been in security peacebuilding
and military change, ...
Nella mia professione, quella che svolgo dagli ultimi 30-40 anni, che è nel campo
della costruzione della sicurezza e nell’edificazione della pace e nel cambiamento
dell’assetto militare, mi sono spesso trovata come unica donna in un ambiente in cui
erano riuniti 200 uomini; spesso sono stata derisa, si sono fatti gioco di me per
via degli argomenti che andavo presentando. E’ necessario credere fermamente nel contributo
che le donne possono dare e ci sono molti uomini che in realtà lo sanno, per esperienza
diretta, e amano lavorare con le capacità delle donne e imparare a condividerle. Io
credo che quella che si potrebbe chiamare “intelligenza femminile”, sia data agli
uomini come è data alle donne; essa si compone – in breve – di: compassione, inclusività,
interconnettività e la capacità di curare e coltivare il nostro mondo”.
All the contents on this site are copyrighted ©. |