2017-02-17 15:09:00

Giornalisti minacciati: appello per la libertà d'informazione


Giornalisti d’inchiesta, cronisti sotto attacco, minacciati, anche senza scorta: se ne è parlato stamattina a Roma, presso la Federazione nazionale italiana della stampa. Nell'occasione è stato lanciato un appello al presidente Mattarella: il sindacato dei giornalisti chiede l’intervento delle istituzioni a tutela della libertà di espressione e del diritto di cronaca. Una professione delegittimata talvolta dalla politica, sottolineano il presidente della Fnsi Giuseppe Giulietti e il segretario generale Raffaele Lorusso, ma che continua ad opporsi a bavagli di ogni colore. Ma cosa possono fare quanti oggi rischiano la vita per compiere il loro dovere di giornalisti? Giulia Angelucci lo ha chiesto a Paolo Borrometi, de La Spia, che ha svelato fatti di mafia a Scicli: 

R. – Intanto, fare squadra, essere uniti; la nostra è una richiesta disperata di aiuto: noi non scriviamo per noi stessi, noi scriviamo per chi ci legge. Un giornalista può anche far finta di non vedere, ma non solo non avrà fatto bene il proprio lavoro, ma soprattutto non avrà messo le persone nella condizione di scegliere. Ecco che cosa si può fare: si può stare tutti insieme, si possono raccontare i fatti, perché da soli siamo degli obiettivi e le mafie cercano gli obiettivi. Invece, insieme, obiettivi non siamo: siamo una squadra, e sarà lì il momento in cui noi riusciremo veramente a fare tutti il nostro lavoro, senza eroismo.

D. – In un’epoca in cui c’è maggiore accesso al giornalismo dal basso, paradossalmente invece cresce il numero di quei giornalisti che sono minacciati …

R. – Proprio in un’epoca così veloce, di un’informazione mordi-e-fuggi, chi si ferma a riflettere e a cercare di far riflettere, dà fastidio, dà molto più fastidio di altri. E’ la nostra più grande responsabilità. I giornalisti devono raccontare. E’ questo quello che dobbiamo fare. Forse è per questo che non piacciamo. Ma è per questo che dobbiamo continuare a fare ciò per cui abbiamo sognato di fare questo lavoro. Chiunque faccia il proprio lavoro, il proprio mestiere, la propria professione, e lo fa con lo spirito di sacrificio e con la voglia di contribuire, allora sì, è una vocazione, è un sogno grande, ed è un sogno che ci fa anche passare sopra tante difficoltà, come aver perso la libertà fisica.

Ma perché rischiare la vita per la libertà d'informazione? Sandro Ruotolo, giornalista sotto scorta per aver denunciato la camorra:

R. – Perché la libertà d’informazione è sacra per un Paese democratico. La qualità della tua democrazia la valuti in base alla percentuale di libertà di informazione, che dev’essere massima. E’ un periodo lungo, purtroppo, dove c’è la politica che attacca i giornalisti, mentre dovrebbe essere proprio tutto il contrario, nel senso che la funzione del giornalismo è quella di essere cane da guardia del rapporto tra eletti ed elettori, è il garante di questo meccanismo; e c’è soprattutto con la storia delle querele temerarie: è un problema che va risolto immediatamente. Perché ormai i giornali, gli editori, su questo terreno lasciano soli i giornalisti. E contemporaneamente c’è l’attacco più pericoloso, secondo me, in questo momento, che è quello dei giornalisti minacciati dalle criminalità organizzate, quindi dalle mafie, ma anche dal mondo della corruzione. Io voglio raccontare la storia di una collega della televisione, la Agostini, che è stata minacciata con la pistola in una situazione che raccontava. E’ chiaro che noi non possiamo chiedere le tutele e le scorte, però il tema della sicurezza e di consentire ai giornalisti di fare il loro mestiere, lo si risolve anche chiedendo ai direttori dei giornali di stare di più sul territorio, di raccontare di più la realtà. Ma noi non abbiamo ancora vinto le battaglie, perché la ‘ndrangheta è forte, Cosa Nostra è forte, la camorra è forte … Invece, abbiamo l’idea che la politica guardi più ad altre emergenze e che quindi il discorso delle minacce ai giornalisti venga sottovalutato. Viene sottovalutato principalmente anche da coloro che stanno nel mondo dell’informazione, quindi dai direttori dei giornali, dai giornalisti, dai colleghi degli stessi cronisti minacciati.








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