Politiche internazionali, regionali e locali: sono i tre livelli di azione che la Santa Sede invoca per la tutela della biodiversità dei mari e degli oceani e per il contrasto di tutte quelle pratiche che, abusandone, danneggiano tale ricchezza. A farsi portavoce della preoccupazione su questo tema è stato mons. Bernardito Auza, intervenuto a New York in seno alla Commissione preparatoria della Conferenza Onu che si occupa del 14.mo Obiettivo dello Sviluppo sostenibile, quello relativo in modo specifico alla conservazione e all’uso sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse marine.
Il rispetto della creazione
Alla platea dei partecipanti, l’Osservatore vaticano ha ricordato l’attenzione sul
tema mostrata dal Papa all’interno della “Laudato si’”, nel passaggio in cui soffermava
a considerare, tra i vari aspetti “dell’attuale crisi ecologica”, quelli dell’“inquinamento
marino, l'acidificazione degli oceani, la diminuzione degli stock ittici, la perdita
di biodiversità e il degrado degli ecosistemi marini e costieri”. Gli stessi temi,
ha notato mons. Auza, che costituiscono l’ossatura di quei “dialoghi di partenariato”
avviati dalle Nazioni Unite sulla questione. Dialoghi basati su alcuni principi: il
“rispetto per la creazione, il bene comune, la dignità di ogni essere umano e la giustizia
dovuta a tutti”.
La crisi ecologica è anche morale
Nel rammentare la convinzione di Francesco secondo la quale “è impossibile affrontare
in modo adeguato l'impatto negativo del comportamento umano sull’ambiente senza considerare
le cause e gli effetti di questo comportamento”, mons. Auza ha rilanciato l’idea del
Papa di un dialogo mirato a un approccio e un'azione condivisi all’interno della comunità
internazionale. Una modalità di azione che coinvolga nel processo decisionale a vari
livelli tanto il mondo della politica e dell'economia, quanto quello del diritto e
della scienza, della filosofia e della cultura, fino a interessare gli “istituti di
carattere etico e religioso, perché la lotta contro i problemi ecologici – ha affermato
– ha dimensioni morali e spirituali”.
Unica strada, un’azione corale
Questo approccio collettivo, ha insistito mons. Auza, dovrà affiancare “tutti i settori
che cercano la riduzione dell'inquinamento e dell’acidità degli oceani” e, insieme,
“la pesca sostenibile, la promozione del sostentamento dei pescatori su piccola scala,
il riconoscimento delle peculiari circostanze delle fasce povere – in particolare
di coloro che vivono in Paesi meno sviluppati e nei piccoli Stati insulari in via
di sviluppo – e l'attuazione di leggi internazionali, regionali e locali e le politiche
volte al conseguimento di tali obiettivi. Nessun partner valido – ha concluso – dovrebbe
essere escluso da questo dialogo”. (A cura di Alessandro De Carolis)
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