2017-02-14 06:49:00

Ricerca, l'Italia spende poco ma la resa è buona


L’Italia investe ancora troppo poco in ricerca: circa l’1,30% del Pil contro il 2% della media europea. Una cifra ancora più bassa se si pensa che entro pochi anni l’obiettivo di tutta la Ue è arrivare al 3%. Su questo hanno fatto il  punto della situazione i vertici dei massimi enti di ricerca italiani in un convegno al Cnr. Alessandro Guarasci:

Serve un piano pluriennale di investimenti, se non altro per recuperare il divario con le altre nazioni Ue. Stati Uniti e Giappone sono infatti irraggiungibili in fatto di fondi per la ricerca. Il presidente della Conferenza dei Rettori, Guido Manfredi:

“Dal 2008, noi abbiamo perso 10 mila ricercatori in Italia, su 60 mila: oggi sono 50 mila; e un miliardo di euro di finanziamenti su 8 miliardi, quindi una percentuale estremamente elevata. Il governo, negli ultimi due anni, ha manifestato un’inversione di tendenza: non ci sono stati più tagli, ci sono stati primi segnali di investimento: abbiamo avuto mille ricercatori in più. Quello che però noi chiediamo, per mantenere la competitività europea e internazionale nel nostro Paese, è di recuperare questo miliardo di investimento, di recuperare per lo meno 10 mila posizioni negli prossimi anni per giovani ricercatori, per evitare che l’università italiana sia un’università vecchia – oggi abbiamo un’età media di 50 anni …”.

Ciononostante la qualità della ricerca italiana, viene considerata di buon livello sul piano internazionale, lo si vede dalle pubblicazioni sulle maggiori riveste del settore e dagli scambi tra università. Ma bisogna essere in grado di fare sistema, dice il presidente del Cnr Massimo Inguscio:

“Creare, anche come conseguenza dell’ultimo piano nazionale della ricerca, sinergie fra il mondo industriale, in modo che anche l’industria si renda conto di quanto sia importante, di quali novità e sorprese offra il mondo della ricerca. Poi, manca anche – secondo me – capire che la ricerca davvero non è una cosa da funzione pubblica qualsiasi: la ricerca è una cosa diversa, ha una sua particolarità in cui bisogna essere liberi, in cui bisogna potere assumere rapidamente, con meritocrazia”.

Inguscio tiene a precisare che non esistono tesoretti degli enti pubblici di ricerca. Tutto quello che viene stanziato viene speso. Anche per questo, no a tagli ai fondi in una possibile manovra correttiva. Ancora Manfredi:

“Perché se addirittura da una manovra correttiva si taglia la ricerca dopo quello che è stato fatto, significa che il Paese si vuole suicidare. Quindi, visto che io ho fiducia nel governo, ho fiducia nel presidente del Consiglio, nel ministro, so che sono attenti; so che il Presidente della Repubblica è molto attento a questa questione, noi non ci aspettiamo tagli, perché sarebbe veramente inaccettabile!”.

Tagliare gli investimenti sarebbe un colpo per tutto il Paese. Il presidente del Cnr Inguscio:

“La spesa per la ricerca non è una spesa ma un investimento, quindi anche di fronte a situazioni preoccupanti – come il debito pubblico, il pil, eccetera – la ricerca è quella che poi di fatto produce un aumento del pil perché dà risultati che poi si traducono in innovazioni tecnologiche, in prodotti industriali, in reclutamento, in riduzione della disoccupazione e via discorrendo”.

Le scoperte scientifiche regolano la vita di tutti noi, scoprono nuove terapie per malattie finora incurabili e ci salvaguardano dalle calamità naturale. La sfida è rendere la ricerca sempre più efficiente.








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