2017-02-11 14:15:00

I giovani europei e il futuro: gli italiani tra i più pessimisti


Pessimisti nei riguardi del futuro, preoccupati da guerre e terrorismo, ma consapevoli che occorrono soluzioni nuove di fronte all’immigrazione: così i ragazzi italiani tra i 16 e i 22 anni secondo la ricerca intitolata "La generazione Z: sondaggio della cittadinanza globale – Ciò che la gioventù mondiale pensa e sostiene", pubblicata di recente dalla Varkey Foundation e realizzata dalla società britannica Populus che ha raccolto le opinioni di ragazzi di 20 Paesi del mondo. Il servizio di Adriana Masotti:

“Io sto studiando all’università; ho preso la facoltà di Lingue, quindi sarei orientata sul turismo. In questa città comunque mi sento abbastanza ottimista. Ho studiato anche in Francia un anno e vedo che comunque la situazione non cambia molto. Io spero che, piano piano, l’economia ricominci a partire e che si dia più importanza, appunto, al futuro dei giovani. Ci vorrebbe un governo con nuovi pensieri, più orientati verso il futuro”

A parlare così è una ragazza di vent’anni, incontrata a Roma da Giulia Angelucci. E’ ben consapevole dei problemi della società attuale, ma abbastanza fiduciosa se il 53% dei suoi coetanei italiani, secondo l’indagine, ritiene invece che le prospettive di vita nel mondo stiano peggiorando. Il loro tasso di pessimismo nei riguardi del futuro è condiviso da giovani francesi e turchi ed è più elevato rispetto a quello dei ragazzi delle altre nazioni. Un dato che non sorprende il pedagogista sociale dell’Università Lumsa di Roma, prof. Mario Pollo:

R. - Non è una sorpresa perché sono andato a rivedere una ricerca che ho fatto tra il 1999 e il 2000. Questo pessimismo verso il futuro, pensare che il mondo nel futuro sarebbe stato peggiore di quello presente così come le condizioni di vita, era già presente allora, anzi, forse era ancora più marcato di oggi. Ormai questo trend negativo sta durando da un paio di decenni e nasce dal fatto che l’Italia è un Paese in cui i giovani non sono vissuti come il futuro, ma come dei contemporanei di età diversa da proteggere e tutelare, ma da non lanciare come coloro che porteranno avanti la civiltà, la vita, i valori e gli ideali aldilà della nostra morte. Basta pensare alla difficoltà che hanno i giovani ad inserirsi nel lavoro, nella vita sociale e politica. Questo può essere un motivo per cui i giovani italiani hanno questa difficoltà ad aprirsi al futuro in modo sereno. Inoltre, dopo la crisi dei grandi sistemi di pensiero, delle grandi narrazioni in cui il futuro appariva il luogo della speranza, dove tutte le promesse si sarebbero realizzate, il domani si è trasformato invece in un futuro minaccioso: guerre, carestie, crisi ecologiche … Tutta l’educazione che noi stiamo facendo è dare a questi giovani le attrezzature per combattere, per sopravvivere, per affermarsi in questo futuro minaccioso e pericoloso.

A spaventare di più i giovani è infatti la possibilità di guerre e conflitti insieme al terrorismo e all’estremismo. Tuttavia, in Italia, il 38% di loro, a fronte del 27% dei francesi e il 31% degli inglesi, si dice aperto a immigrati e rifugiati e il 57% vorrebbe che il governo facesse di più per la loro accoglienza e integrazione. Ancora il prof. Mario Pollo:

R. - Questo è un dato molto positivo; indica che nei giovani italiani, più di quelli degli altri Paesi, c’è un riconoscimento dell’umano, del valore dell’altro, della diversità culturale di cui questo è portatore. È un segno di speranza.

D. - Anche sui temi etici, di comportamento personale, pare che i giovani siano molto liberali. Insomma, ognuno deve fare la vita che sceglie. Questo è un bene e un male …

R. - Quando sento questa affermazione faccio un po’ di fatica a coglierla come pienamente positiva, perché dietro questa c’è la visione di poter vivere senza avere come riferimento una serie di valori che sono costitutivi dell’umano, che dovrebbero servire da bussola nei confronti della vita. C’è quindi un relativismo etico, per cui ogni sistema di valore è accettabile, quindi che non esistono dei valori che siano gerarchicamente superiori ad altri. L’unico aspetto che questo tipo di sondaggio non può evidenziare, proprio per il modo in cui vengono effettuati questi studi, è che ogni aspetto della vita di un giovane che oggi rappresenta un limite, se oggetto di un adeguato intervento educativo, diventa risorsa per la crescita.

D. - In poche parole, lei vuol dire che bisogna investire di più sui giovani?

R. - Bisogna investire di più sui giovani e investire sull’educazione, quindi non solo sull’istruzione professionale, culturale ... Non sentiamo mai parlare di quell’educazione che aiuti il giovane a scoprire se stesso, a elaborare il progetto di vita che svilupperà fino in fondo la sua vocazione personale, la sua umanità. È questo invece che è importante.








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