“Non lasciate che qualcuno uccida la speranza dei vostri cuori". E’ l’appello lanciato oggi ai giovani dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella Messa celebrata a Napoli nella seconda giornata del convegno "Chiesa e lavoro" che vede riuniti i vescovi delle Diocesi del Sud. Il nostro inviato Federico Piana ha chiesto al porporato come la Chiesa possa manifestare la sua vicinanza ai giovani in questo momento così difficile:
R. – Innanzitutto con la vicinanza quotidiana alla gente e ai giovani in modo particolare, perché la vicinanza vuol dire che i giovani non devono sentirsi soli. E’ la prima cosa che devono fare e che fanno i sacerdoti e i vescovi come dono e come gioia, accanto a loro: mantenere la fiducia nel cuore dei ragazzi. In secondo luogo, sollecitarli e sostenerli e stimolarli a mettersi insieme, a non rassegnarsi. Questo è possibile se tra di loro riescono a creare reti buone e a creare e inventare lavoro facendosi finanziare dall’Europa, perché ogni anno l’Italia deve restituire all’Europa più di 4 miliardi di euro che non sono stati spesi per progetti particolari. Questa è una opportunità che non viene raccolta ed è un grave peccato. Bisogna utilizzare di più questi fondi.
D. – Molti dicono che la mancanza di lavoro soprattutto per il Mezzogiorno sia tra le cause che spingono molti giovani a finire tra le braccia della criminalità organizzata …
R. – Certo: questo è vero, purtroppo. Ma non dobbiamo rassegnarci. Soprattutto i giovani non devono rassegnarsi a questo, perché significa fare il gioco della malavita sulla loro pelle, sulla loro giovinezza, sulla loro capacità di inventare, sulla loro generosità: perché i giovani, veramente, oltre che intelligenti e capaci, sono anche generosi e desiderosi. Sono molto buoni. Mancano dei maestri e noi sacerdoti vogliamo essere vicini a loro come amici e come pastori. Detto questo, torno a dire che se i ragazzi, i giovani, aiutati dai sacerdoti, dai vescovi, dalle persone di buona volontà, dalle amministrazioni, riescono a creare dei mondi lavorativi, delle reti virtuose, si sostengono per non cadere nella rete della malavita e diventano contagiosi per la società intera.
D. – Per quanto riguarda le parrocchie, Papa Francesco parla sempre di andare incontro a chi sta nelle periferie…
R. – Ma i parroci ci sono, in tutte le periferie del centro e del non-centro delle nostre città, perché le periferie non sono soltanto localistiche, logistiche, ma sono interiori, come lui, il Santo Padre, dice spesso: sono esistenziali. E i preti, appunto, condividono; sono gli unici a condividere la vita della gente: diciamolo chiaramente. Sono gli unici, perché sono sempre accanto a loro, alla gente; e questo è un dovere ma è anche una grande grazia per noi preti: poter stare accanto alla gente, conoscerla da vicino e condividere per tutto quello che possiamo.
All the contents on this site are copyrighted ©. |