2017-02-02 14:35:00

Gallagher: nessun individuo è onnipotente e al di sopra del diritto


La promozione di una cultura di pace: questo il tema della Lectio Magistralis di mons. Paul R. Gallagher, segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, che si è tenuta oggi alla Sophia University di Tokyo. L’intervento rappresenta uno degli appuntamenti del viaggio in Giappone del presule iniziato lo scorso 27 gennaio e che si concluderà domani. Ascoltiamo una sintesi nel servizio di Adriana Masotti:

La pace è una virtù attiva
Mons. Gallagher parla alla comunità di una Università cattolica, diretta dalla Compagnia di Gesù, il cui obiettivo è la formazione globale dell’uomo, non trascurando alcun tema riguardante la vita delle persone e dei popoli. Tra questi quello della pace. E mons. Gallagher spiega subito che il vero significato della pace che riguarda la dottrina della  Chiesa, ma anche potrebbe essere una sorta di agenda per le relazioni tra gli Stati, si identifica con una “virtù attiva” che chiede l’impegno di ogni singola persona e dell’intero corpo sociale. 

La giustizia a fondamento della pace
Perciò la pace, prima ancora che ordinata convivenza tra i popoli, consiste nella prevenzione delle cause che possono scatenare una guerra. Alla sua radice c’è dunque la giustizia, di cui ciascuno ha diritto, e il rispetto delle basi fondamentali delle relazioni umane. Troppo spesso si è dimenticato il collegamento essenziale tra pace e cultura di pace, sostiene mons.Gallagher, per questo il modello Onu, pur stabilendo norme e divieti, è testimone di continue violazioni alla pace. 

Infaticabile ricorso al negoziato
Il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati declina quindi in che cosa consiste la “cultura di pace”: anzitutto il rifiuto della guerra. Di fronte però alla realtà concreta che dice il contrario, cultura della pace può voler dire almeno regolamentazione dell’uso della forza, secondo le norme dello jus in bello che proibiscono crimini o atti contro i civili o i feriti e i prigionieri di guerra. Così come l’infaticabile ricorso al negoziato e all’arbitrato. La cultura di pace può offrire soluzioni di fronte ad altri problemi o all’attività terroristica che destabilizza la vita interna e internazionale  attraverso il timore, la diffidenza e la mancanza di coesione tra i Paesi.

Dalla formazione all'obiezione di coscienza
Mons. Gallagher cita poi la “Dichiarazione sul diritto alla pace” all’esame dell’Assemblea generale dell’Onu che vorrebbe sancire la pace quale aspirazione dei singoli e dei popoli facendo riferimento alla prevenzione della guerra. Dalla pace in negativo, assenza di guerra, si passa dunque ad un concetto di pace in positivo legata ai presupposti della pace tra i quali formazione, educazione, studio, libertà intellettuali e di religione, obiezione di coscienza.

Diritti dei profughi
Cultura di pace significa anche diritto alla restituzione delle case e dei beni a rifugiati e sfollati a causa delle guerre o affrontare la questione delle sparizioni delle persone durante i conflitti. In caso di emergenze umanitarie alimentari o di mobilità, poi, mons. Gallagher indica la necessità del superamento dei singoli interessi per guardare alla promozione dei diritti umani e delle condizioni necessarie all’esistenza di tutti.

Sicurezza e rispetto dei diritti
Nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone o comunità. Tutto ciò si traduce in una “teoria della sicurezza” e della prevenzione, afferma mons. Gallagher, non solo di guerre, che richiede quella “audacia creativa” di cui parla Papa Francesco e senza cui la cultura di pace resta lettera morta. Alla sfida rappresentata dal saper valutare quanto è in ragione del bene comune della famiglia umana e quanto è frutto di interessi o esigenze particolari, conclude mons. Gallagher, possono contribuire le diverse visioni religiose e la ricerca universitaria il cui compito fondamentale è: preparare la strada ad un futuro di pace, ad un futuro possibile, ad un futuro per tutti. Un compito dinamico, la cultura della pace, ma da non cessare di portare avanti perché come si legge nella “Pacem in terris”: «Si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace».








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