2017-01-31 14:39:00

Onu: illegale il bando anti immigrazione di Trump


Continuano a far discutere le decisioni anti-immigrazione del presidente americano Donald Trump. L’Onu si è schierato contro il bando che proibisce gli ingressi da sette Paesi a maggioranza islamica. Preoccupazione anche della Chiesa caldea in Iraq nel timore che le misure del capo della Casa Bianca possano provocare rappresaglie contro le comunità cristiane nei Paesi islamici. Il servizio di Giancarlo La Vella:

“Le decisioni di Trump rischiano di diventare una trappola per i cristiani che potrebbero subire ritorsioni da chi li identifica con tutto ciò che è occidentale”. A parlare è stato il Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irachena, Louis Raphaël I Sako, in un’intervista al Tg2000 della televisione della Cei. “Coloro che hanno un legame col terrorismo - ha detto - non devono entrare negli Stati Uniti, ma le altre persone che cercano sicurezza per le proprie famiglie devono invece avere questa possibilità”. “Questo è un diritto dell’uomo”, ha concluso il Patriarca. Ma per Trump il muro con il Messico, le porte sbarrate negli Usa a chi proviene da Iran, Iraq e Yemen, Siria, Libia, Sudan e Somalia, rappresentano misure necessarie in questo momento storico, per proteggere la nazione americana dal terrorismo, innanzitutto. Una posizione ferma, tanto che il capo della Casa Bianca ieri ha licenziato Sally Yates, ministro della Giustizia reggente dell'epoca Obama, che aveva ordinato al suo dipartimento di non difendere in tribunale il decreto presidenziale sull’immigrazione, che poi di fatto ha ricevuto il veto della magistratura. La stretta di Trump sugli immigrati sta provocando indignazione generale in tutto il mondo, non solo negli Stati Uniti. L’Onu stigmatizza il bando come illegale. La cancelliera tedesca Merkel giudica il provvedimento non giustificato dalla lotta al terrorismo. E anche Barack Obama fa di nuovo sentire la sua voce di fronte a quella che appare solo come una discriminazione religiosa. E sulle decisioni anti-immigrazione di Donald Trump, Fabio Colagrande ha intervistato il direttore della Stampa, Maurizio Molinari:

R. – Trump aveva detto durante la campagna elettorale che avrebbe tentato di proteggere l’America anche sul fronte dell’immigrazione e in particolare da quei Paesi da cui sono provenuti e provengono la maggioranza dei terroristi in circolazione. Quindi sotto questo punto di vista dobbiamo leggere la scelta di Trump come coerente risposta al proprio programma elettorale. Non c’è dubbio che è uno di quei temi sui quali l’America si divide, ciò che più conta sul fronte delle proteste, sono le azioni dei giudici come quelle che hanno stabilito uno stop all’applicazione della norma, facendo appunto appello ai principi costituzionali. Stiamo vedendo l’anticipo delle battaglie profonde che segneranno l’America nei quattro anni di Trump fra i liberal e il popolo di Trump.

D. - Trump ha detto di muoversi in continuità con normative volute dal suo predecessore Obama: quanto è vero questo?

R.  – C’è una differenza di fondo. Il profiling - perché di questo stiamo parlando, ovvero di un rafforzamento degli esami su chi arriva - era adoperato anche durante la stagione di Obama ma non era prettamente dichiarato e non avveniva a norma di legge, questa è la differenza. Una cosa è identificare in maniera particolare chi arriva dalla Siria, dall’Iraq, dal Sudan, dallo Yemen, dalla Libia e dall’Iran, senza dirlo ma farlo, come avveniva durante la stagione di Obama; un’altra cosa è trasformarlo in provvedimento che vincola tutti a norma di legge, come adesso fa Trump.

D. – Quale può essere l’effetto di queste decisioni nei rapporti tra Sati Uniti e Unione europea?

R. – Non credo che ci saranno ripercussioni internazionali destinate a lasciare il segno. Credo invece che lo scontro in atto dentro gli Stati Uniti è destinato ad essere sempre più profondo, più duro e più aspro. Nella cultura politica americana lo scontro fra opposte interpretazioni della legge e della Costituzione segna i passaggi storici e ognuna delle parti si batte fino in fondo chiamando a proprio vantaggio e sostegno singoli precedenti sul piano del diritto e della politica costituzionale. Quindi a questo noi dovremmo fare attenzione: all’entità dello scontro interno all’America perché da questo dipenderanno i cambiamenti possibili o quelli che non avverranno.

D. - Trump rischia l’impeachment per questo?

R.   Assolutamente no. Trump rischia l’impeachment in realtà solo se ci sarà un’inchiesta federale sui suoi presunti contatti con la Russia e dimostrerà che era al corrente di reati commessi a carico di cittadini americani.








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