2017-01-30 14:43:00

Proteste contro il bando di Trump. Sako: 'trappola' per i cristiani


Dilaga nel mondo la protesta contro il bando di Donald Trump all’immigrazione, deciso per 7 Paesi a maggioranza islamica: Iran, Iraq, Yemen, Siria, Libia, Sudan, e Somalia. Il Presidente Usa si difende: “non è un decreto contro i musulmani. L’America ha bisogno di confini forti e controlli rigidi”. Dure le critiche. L’Europa alza la voce per ribadire i valori di libertà e uguaglianza, mentre il segretario generale della Lega Araba chiede a Trump di riconsiderare l’ordine esecutivo e di continuare sulla via del dialogo tra la società americana e quella musulmana. Cecilia Seppia

E’ una folla enorme quella che si è riunita a Battery Park, la punta sud di Manhattan per protestare contro il bando ai 7 Paesi islamici voluto dal Presidente Usa. Donald Trump: “No Ban No Wall” recitano gli slogan in cui si dichiara a lettere marcate che i rifugiati sono i benvenuti, che non si vogliono muri e che in America tutti sono americani. Una protesta montata anche negli aeroporti dove decine di avvocati gratuitamente stanno offrendo assistenza legale alle persone bloccate nei terminal di New York, Chigaco, Los Angeles, Boston. Per 16 procuratori generali si tratta di un provvedimento incostituzionale: la libertà religiosa – scrivono in una dichiarazione congiunta - è un principio fondamentale e non si tocca. Insorgono anche i leader europei ribadendo i valori del Vecchio Continente, la Lega Araba chiede di riconsiderare l’ordine esecutivo perché di fatto favorisce il terrorismo; per l’Onu si tratta di un bando illegale e meschino, scendono in campo anche i "guru" dell’hi-tech, come Zuckerberg e Tim Cook, scrittori, intellettuali e diplomatici statunitensi: tutti, sia pure con diverse sfumature, contestano il blocco. I 7 Paesi islamici sulla black list, inevitabilmente cominciano a reagire, primo su tutti l’Iran che contraccambia con la stessa moneta, poi l’Iraq. Francesca Paci, inviata della Stampa ed esperta di questioni mediorientali.

"L'Iran ha risposto duramente bloccato l'ingresso ai cittadini americani, l'Iraq è arrivato poco dopo. Certamente le proteste si sono levate da tutti i Paesi della regione, tranne ovviamente da quelli che non sono inclusi nella lista e sui quali però ci dovremmo interrogate: non c’è l’Egitto; l’Arabia Saudita; ma non ci sono neanche gli Emirati, non c’è il Libano… Quindi è una lista piuttosto arbitraria e proprio discriminatoria con la D maiuscola! Chiaramente parla all’elettorato bianco della classe medio-bassa americana, che è quello che ha dato la forte spinta a Trump".

Il Presidente americano si difende, dice cha la situazione è sotto controllo, che non c’è caos, che anche Obama nel 2011 sospese i visti ai rifugiati. Sulle proteste sostiene che i fermati su cui si stanno facendo indagini sono solo 109 sui 325mila viaggiatori entrati ieri negli Usa. Trump afferma anche che i possessori di carta verde non avranno alcune limitazioni ed attacca il modello europeo dell’apertura e dell’accoglienza. Eppure quello che sembra un malcontento diffuso, in America viene percepito diversamente. Dario Fabbri, giornalista di Limes

"E’ la pancia del Paese che bisogna guardare: gli Stati Uniti sono mediatamente d’accordo col bloccare l’ingresso a Paesi non so se soltanto perché musulmani o semplicemente perché attraversano guerre civili. A loro avviso  questo potrebbe essere una forma di deterrenza. Il discorso è che ovviamente si tratta di misure inefficaci e vagamente bizzarre… Ma, al di là questo, credere che ciò che vediamo in televisioni sui grandi network o che leggiamo sui grandi giornali americani - che mediamente invece non sono letti negli Stati Uniti - corrisponda alla verità e alla realtà ci confonde, ci porta a commettere errori strategici, esattamente come abbiamo fatto in campagna elettorale quando credevamo che Trump fosse un animale isolato, estraneo alla cultura americana, mentre era assolutamente vero il contrario". 

Forte la preoccupazione della Chiesa: il Patriarca caldeo mons. Louis Raphael I Sako mette in guardia anche sull’accoglienza selettiva dei migranti su base religiosa, annunciata da Trump, definendola una "trappola per i cristiani". Ogni politica che discrimina i perseguitati e i sofferenti su base religiosa finisce per nuocere ai cristiani d’Oriente e alimentare tensioni coi musulmani - afferma il Patriarca Sako che citando il Papa e il Vangelo aggiunge: noi non vogliamo privilegi. Quanti chiedono aiuto non hanno bisogno di essere divisi in base ad etichette religiose. Intanto sono diverse le famiglie che arrivate negli Usa per vari motivi dopo aver lasciato tutto e venduto le case sono state costrette a rientrare nei loro paesi. 








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