“Non dimentichiamoci che la premessa all’istituzione del fondo solidale 45500 era proprio la condizione di EMERGENZA. Tu non puoi giocare sul discorso emotivo che si genera di fatto a seguito di queste vicende terribili, per poi dire: io questi soldi li incamero, dopo di che li utilizzerò. NO; gli italiani hanno profuso questi denari al fine di aiutare chi era in difficoltà!”
Le parole di Don Fabio Gammarota, parroco di Città Reale e Posta, sono taglienti e
accalorate. Manifestano la stanchezza e lo sconforto, la fiducia per le istituzioni
che si sgretola lentamente, la paura crescente di domani oscuri e incerti che si ripetono
da troppo, troppo tempo. I paesi sono oramai luoghi spettrali, popolati da un manipolo
di anziani e da pochi familiari che li sostengono. Resistono gli allevatori sperduti
nelle montagne, irraggiungibili da giorni.
Compone questo spaccato di resilienza l’allevatore e presidente della Coldiretti
di Macerata, Francesco Fucili; più quieto e fiducioso, un uomo abituato a ravvisare
l’alba dalle fessure nodose delle sue stalle, a scavare la terra colle mani ghiacciate.
C’è poi il racconto di un giovane ingegnere a cui il destino ha inflitto memorie terribili;
ha vissuto la furia dei terremoti più rovinosi degli ultimi 8 anni, scavando tra le
macerie dell’Aquila, di Città Reale e altri comuni limitrofi. Si chiama Gianfranco
Di Cesare e oggi continua a scavare, non macerie, ma chili e chili di neve. Lui è
rimasto, per assistere e confortare i suoi compaesani superstiti. Sogna di riportare
i suoi coetanei nelle comunità desolate, di ritrovare la spensieratezza di un tempo.
Tutti noi, nella preghiera, glielo auguriamo.
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