2017-01-11 19:14:00

Trump: la Russia dietro gli attacchi hacker. Subito il muro col Messico


Prima conferenza stampa ufficiale del neoeletto presidente americano Donald Trump a 9 giorni dall’insediamento alla Casa Bianca. 30 telecamere e 300 giornalisti al piano terra della TrumpTower  di New York per un discorso che spazia dalla politica economica a quella sui migranti, poi le critiche sulla riforma sanitaria di Obama definita un “completo e totale disastro” fino alle rivelazioni più attese in merito ai dossier degli 007 sulle interferenze di Mosca e gli attacchi hacker  durante le presidenziali.. Cecilia Seppia

 

C’è la Russia ma anche altri paesi, altra gente, dietro l’hackeraggio della campagna presidenziale americana. A rivelarlo è Donald Trump nella sua prima conferenza stampa che fa schizzare la Borsa di Wall Street. Per proteggerci da questi attacchi informatici metteremo in campo una task force - assicura Trump - mentre ribadisce di non avere né trattative in corso con Mosca né affari di alcun tipo, né prestiti né debiti, l’unico punto di contatto: la lotta contro il sedicente Stato islamico. Su Putin dice è una figura importante e sono certo che da oggi avrà più rispetto per gli Usa. Non vedo l’ora di giurare da presidente - prosegue Trump - mentre illustra come in un sogno americano l’imminente svolta degli Usa sul piano economico: creeremo occupazione per tutti e sarò il maggior produttore di posti di lavoro che Dio abbia mai messo sulla terra. Duro ribadisce la sua politica in materia di immigrazione: costruiremo subito il muro col Messico e il Messico ci ripagherà in qualche modo. Ancora l’affondo sull’Obamacare: è un completo disastro sarà abrogata e sostituita lo stesso giorno, le stesse ore non voglio più aspettare. Poi le accuse alla CNN, responsabile secondo Trump di divulgare le cosiddette fake news, notizie false, come le rivelazioni sul presunto materiale compromettente che lo riguarda e che sarebbe in possesso della Russia. Infine il capitolo dichiarazione dei redditi e gestione del patrimonio personale: questioni private - sostiene Trump - che non verranno rese pubbliche per far contenti i giornalisti. Saranno invece i figli ad occuparsi dei suoi affari a loro il Tycoon ha ceduto il controllo delle sue società dimettendosi da tutte le posizioni nell’ambito della Trump Organisations.

 

E’ stato Yes we did, l’ultimo forte saluto del 44mo presidente uscente degli Stati Uniti Barak Obama, ieri sera nella sua Chicago, in un clima di forte commozione. Oggi l’America è un paese migliore, ha detto Obama, assicurando che lavorerà per il bene degli Stati Uniti anche fuori della Casa Bianca, per salvaguardare i principi di libertà, uguaglianza, democrazia che la minaccia del terrorismo rischia di intaccare, mettendo in guardia dal discriminare i musulmani d’America e le minoranze, a partire da quella afroamericana.

Cosa succederà adesso che il neo presidente eletto Trump in sostanza ha già fatto capire che smantellerà molto di ciò che ha fatto Obama puntando su un ulteriore rilancio dell’occupazione? Massimiliano Menichetti ha intervistato l’americanista Ferdinando Fasce, docente di Storia Contemporanea all’Università di Genova:

R. – Credo che, pur considerando i limiti, i problemi, le opacità del doppio mandato di Obama, non si possa  non convenire con il fatto che quando Obama dice ”Yes we did” non è lontano dalla realtà. Sul piano internazionale ha ragione ad affermare che ha riportato a casa la maggioranza delle truppe, ha ragione a ricordare l’accordo sul nucleare con l’Iran e la non meno importante iniziativa sul cambiamento climatico.

D. - Sul piano interno spiccano la riforma sanitaria con luci ed ombre, soprattutto sulla questione dell’aborto, e poi il lavoro …

R. – Non mancano le ombre sulla riforma sanitaria, ma oggi venti milioni in più di statunitensi hanno accesso alle cure. Obama eredita da John W. Bush non solo due guerre, ma una recessione che non si vedeva dal 1922 con una disoccupazione che viaggiava sulle doppie cifre. Oggi la disoccupazione - di nuovo pur con limiti, lavori temporanei,  problemi…  - si attesta a poco più del quattro percento.

D. - Cosa succederà adesso che il neo presidente eletto Trump in sostanza ha già fatto capire che smantellerà molto di ciò che ha fatto Obama puntando su un ulteriore rilancio dell’occupazione?

R. - Premettiamo che Trump ha abilmente giocato su sacche di scontento che ci sono:  sacche di difficoltà, di sofferenza, di povertà. Come possa aiutare questi strati con le sue politiche è ancora da vedere. Adesso abbiamo avuto alcune uscite significative, come questi impegni da parte delle imprese dell’auto …

D. - Bloccare la produzione in Messico ed investire sul territorio statunitense …

R. - Rispetto a questo vedo due facce. Il fatto indubbiamente positivo  è che ci sono investimenti, però vedo anche che è una procedura che non passa attraverso un’esplicita, trasparente contrattazione, ma c’è Trump che manda tweet e gli imprenditori che si allineano. Qui, mi pare che ci siano dei problemi dal punto di vista del rapporto tra economia e politica in una liberal democrazia.

D. - Guardando alla politica internazionale, posizioni simili tra i due rispetto alla Cina, ma sulla Russia Trump accorcia una distanza …

R. - Obama aveva preso le distanze per la politica aggressiva di Mosca; Trump ci si riconosce meglio perché gli sembra di poter instaurare un rapporto di nuovo da leader che direttamente può contrattare essendosi riconosciuto in una qualche lunghezza d’onda con Putin. Ma qui poi bisogna veder le dinamiche geopolitiche reali. Più continuità probabilmente c’è rispetto alla Cina, anche se ancora dovremo vedere perché non bisogna dimenticare che questo atteggiamento di dichiarato neo protezionismo trumpiano potrebbe suscitare, e in parte ha già suscitato, delle reazioni negative.

D. - Ci saranno nuovi equilibri oppure è tutta una partita da giovare sia sul fronte interno che su quello esterno?

È una partita ancora tutta da giovare perché non bisogna trascurare la complessità della macchina repubblicana e l’imprevedibilità di Trump.

 








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