2017-01-11 14:01:00

Colombia: la Chiesa media tra governo e Eln


Il governo colombiano riaprirà domani a Quito, capitale dell’Ecuador, il dialogo con l’Eln, l'Esercito di Liberazione Nazionale, la seconda forza di guerriglia del Paese dopo le Farc. Previsti dallo scorso ottobre, i negoziati vedranno la presenza della Chiesa colombiana, con la presenza dell’arcivescovo di Cali mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía. Sulle differenze di questi colloqui rispetto all’accordo già siglato con le Farc, Michele Raviart ha intervistato Gianni La Bella, docente di Storia Contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia, che per conto della Comunità di Sant’Egidio sta seguendo la situazione:

R. – Questo negoziato si presenta un pochino più complicato rispetto a quello delle Farc, per due problemi: da una parte il fatto che Santos tra circa un anno e mezzo lascerà la presidenza della Repubblica e quindi c’è una parte degli interlocutori che ha oggettivamente delle difficoltà; dall’altra, la metodologia che l’Eln chiede è molto diversa da quelle delle Farc, proprio perché prevede un forte coinvolgimento degli ambienti popolari, dei movimenti… E questo renderà il dialogo, probabilmente, un pochino più complicato.

D. – Che cos’è l’“Esercito di Liberazione Nazionale” e quali le sue peculiarità, anche rispetto a quello che è stato poi l’accordo con le Farc?

R. – L’Esercito di Liberazione Nazionale – l’Eln – è una guerriglia che si riconnette idealmente alla figura di Camilo Torres: un prete colombiano che, all’inizio degli anni Sessanta, abbandonò la vita diocesana e aderì come cappellano a questo movimento. L’Eln è un movimento, anch’esso, di natura guerrigliera; ma a differenza delle Farc ha un’origine meno marxista. Ha una presenza minore dal punto di vista numerico - oggi si parla di circa 3 mila persone, di cui circa 1.500-1.800 in armi – ma un fortissimo radicamento popolare, perché - a differenze delle Farc - è una guerriglia che ha dato sempre meno peso alla dimensione “guerrista” e quindi alla parte militare ed ha più puntato al coinvolgimento dei settori popolari, dell’associazionismo, dei sindacati, dei movimenti popolari.

D. – A parte lo scambio di prigionieri – ricordiamo che l’Eln ha sotto sequestro l’ex parlamentare Odín Sánchez– che cosa chiedono le due parti?

R. – La liberazione di questa persona è stato il casus belli che ha posticipato l’apertura di questo negoziato, perché l’Eln sostengono che questo non fosse previsto negli accordi previ, mentre il governo lo considera una conditio sine qua non per aprire la fase negoziale. Ma cosa chiedono l’Eln? Chiedono ovviamente e sostanzialmente un processo negoziale che operi una serie di cambiamenti strutturali della società colombiana e che assicuri il reinserimento democratico della loro esperienza politica. Ma c’è anche un altro fatto da tener presente: la conclusione positiva del negoziato alle Farc, ha giustamente anche un po’ veicolato nella Comunità internazionale l’immagine – ovviamente giusta! – che la Colombia un pochino ce l’ha fatta. E’ come dire che l’Eln si inserisce in questo solco e quindi non può – per certi versi – far finta che questo negoziato non esista e deve anche accettare che certe cose sono state risolte. Anche se il giudizio storico-politico che l’Eln dà del trattato di pace firmato dalle Farc è estremamente negativo: dicono che le Farc si sono arrese al governo ed hanno accettato, in tutto e per tutto, quello che voleva il governo, quasi dimenticando gli obiettivi della loro pluridecennale lotta politica.

D. – La trattativa viene seguita anche dalla Chiesa colombiana. Qual è il suo ruolo?

R. – I vescovi colombiani, durante la loro ultima Assemblea, hanno costituito una Commissione composta da cinque vescovi, presieduta ed animata dall’arcivescovo di Cali, mons. Darío Monsalve, che è una figura che gode di grande rispetto e considerazione da parte dell’Eln. La Chiesa vuole seguire questo negoziato in maniera più prossima, più ravvicinata e quindi desidera aiutare il dialogo tra le due parti in una posizione un pochino terza e quindi ovviamente non schierata: la Conferenza episcopale – e questo è molto importante! – non rappresenta gli assessori dell’Eln, né gli assessori del governo. E’ una parte terza che, all’interno del dialogo, vuole essere al servizio – come si dice in America Latina – “de la mesa del dialogo”, del tavolo negoziale. 








All the contents on this site are copyrighted ©.