2017-01-10 12:12:00

Fifa: dal 2026 Mondiali a 48 squadre. Vince il calcio-business


Il Consiglio della Fifa, l’organismo internazionale che governa il calcio, ha deciso a Zurigo che dal torneo del 2026, le squadre partecipanti alla fase finale del Campionato Mondiale saranno 48, invece delle 32 attuali. Di questa decisione, che ha suscitato contemporaneamente critiche e pareri favorevoli, Giancarlo La Vella ha parlato con Italo Cucci, una delle firme di punta del giornalismo sportivo italiano:

R. – Diciamo che è una decisione attesa e temuta, a seconda di come la si vede. Per me rappresenta un ulteriore passo avanti verso la definitiva commercializzazione dello sport più popolare del mondo. Qui ormai non si parla più di calcio, ma di calcio-business. Ho sentito dire che questa scelta dovrebbe, invece, avere una sua forte base sociale ed equalitaria per invitare i piccoli Paesi a far parte del sistema calcio. In realtà è una somma di interessi televisivi, che porteranno ad accumulare altre centinaia di milioni di diritti da spartirsi tra quelli che per ora sono già ricchi e potenti.

D. – Coloro che si sono dichiarati favorevoli a questa decisione plaudono al fatto che la vetrina dei Mondiali consenta proprio ai Paesi del Terzo Mondo una visibilità che può costituire un volano importante per avviare una sorta di progresso …

R. – Io ho vissuto il momento in cui è stato dato spazio all’Africa. Ci sono stati dei Paesi africani – ad esempio il Camerun – che si sono attrezzati adeguatamente e questo è durato fino a che l’apporto di quel mondo è stato importante anche per il calcio internazionale. Ma oggi, se andiamo a vedere bene, buona parte dell’Africa è completamente fuori dal giro dei Paesi che contano. Sentivo proprio l’altro giorno che anche il civilissimo e interessatissimo Sud Africa, che ha organizzato molto bene un Mondiale, oggi ha le classiche cattedrali nel deserto, cioè ha degli stadi inutilizzati e l’interesse del calcio è ora assolutamente e semplicemente televisivo. Ho abbastanza naso per cogliere che in questo tipo di manifestazione non c’è nulla di etico, ma solamente la ricerca di un interesse economico.








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