2017-01-07 14:27:00

Napoli. Card. Sepe: no ai soprusi, il male si vince con il bene


Al termine dell’omelia pronunciata per l’Epifania, l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, ha usato dure parole per l’agguato dello scorso 4 gennaio, in pieno centro storico, che ha provocato il ferimento di tre senegalesi e una bambina. Parlando dei problemi della città, il porporato ha poi annunciato la concessione in comodato d’uso di sette case delle Chiesa di Napoli ad altrettante famiglie in difficoltà. Su questa iniziativa e la situazione nel capoluogo campano sentiamo proprio il cardinale Crescenzio Sepe, intervistato da Marco Guerra:

R. – Non si può pensare di abbassare la testa, con questi guappi, i quali si fanno forza solo perché portano una pistola e chiedono il pizzo anche a questi poveretti nostri fratelli che si guadagnano un pezzo di pane per sfamare i propri figli! E’ vergogna perché questi giovani che hanno infranto tutte le regole e non badano a niente e a nessuno sono schegge impazzite: come si fa a non provare dolore, a non provare vergogna innanzitutto per loro, perché la loro è una vita sbandata, una vita senza senso, una vita senza futuro. E poi, soprattutto, danno di una città che vuole riscattarsi un’immagine che non è quella della stragrande maggioranza della gente. Sono dei vigliacchi che si fanno forza della loro irresponsabilità pur di guadagnare qualche soldo per le loro sfrenate ambizioni.

D. – Sono proprio di questi giorni le polemiche sul cambiamento di Napoli e sulla narrazione che si fa di questa città. Lei che idea si è fatto di queste polemiche, su come dev’essere raccontata Napoli?

R. – Ma … io non mi metto nella polemica: quelle sono cose piuttosto personali. Dico che noi non dobbiamo abbassare la testa; noi non dobbiamo cedere ai soprusi e alle prepotenze. E l’esempio ci viene proprio anche da questi fratelli che sono stati minacciati. E’ un esempio forte, che va seguito, che va imitato. Non dobbiamo mai cedere il territorio nelle mani di questi forsennati. E allora, in nome della nostra dignità e della nostra libertà, noi siamo in grado di poter – facendo opere di bene, opere di carità, opere di solidarietà – vincere, veramente vincere il male facendo del bene.

D. – Ecco: a tal proposito, tra i segni di speranza l’arcivescovado ha dato in comodato d’uso sette appartamenti ad altrettante famiglie in difficoltà. Può raccontarci di che cosa si tratta?

R. – Sì, poiché c’erano tante persone che abitano nelle case che sono di proprietà della diocesi, avevo accennato che avrei voluto donare loro gratuitamente queste case, in modo che anche quei pochi soldi che davano per l’affitto avrebbero potuto essere risparmiati. Si tratta di famiglia più indigenti di altre famiglie, famiglie in crisi in maniera speciale. E allora ho detto: tutti coloro che abitano nelle nostre case e che si trovano in condizioni economiche tali da non poter neanche dare quel tanto di contributo, noi facciamo loro un comodato d’uso per dieci anni, per cui possono continuare ad abitare senza dare nessun contributo, senza alcun impegno economico nei nostri riguardi. Abbiamo trovato le prime sette famiglie ma continueremo ancora. Tutti coloro che si trovano in condizioni particolari, difficili, noi continueremo a dare gratuitamente in comodato queste case.

D. – Quindi, Napoli si scopre sempre ricca di solidarietà con un grandissimo cuore. Questi segni di speranza fanno guardare con ottimismo al 2017?

R. – Assolutamente sì! Ma ci sono tutti i sacerdoti nelle parrocchie, soprattutto, i Movimenti, ci sono volontari … adesso, per esempio, diamo le medicine gratis, cioè chi ci porta le ricette mediche e non può pagare, noi compriamo la medicina e la diamo gratuitamente. Oppure qualcuno ha bisogno di qualche visita un po’ speciale: c’è un corpo di medici specialisti nelle varie branche della medicina che lo visita, lo cura e nei casi speciali, con un comodato che abbiamo fatto con l’Università statale Federico II di Napoli, anche per approfondire eventuali diagnosi particolari. Insomma, diciamo che facciamo quello che possiamo: nel nome di Cristo e per dire che è una Chiesa che è vicina soprattutto agli ultimi, ai più abbandonati, a quelli più trascurati.








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