2017-01-03 14:40:00

Siria: a rischio tregua. I ribelli "congelano" i negoziati


Rischia di allontanarsi per l’ennesima volta la possibilità dei colloqui di pace sulla Siria in programma a fine gennaio in Kazakistan. Almeno una dozzina di sigle ribelli infatti accusano Damasco di violare la tregua soprattutto nelle regioni di Wadi Baraba e Ghouta, e dichiarano “congelati“ i tavoli negoziali. Dei motivi di questa decisione e delle speranze che restano ora, Gabriella Ceraso ha parlato con Massimiliano Trentin, docente di Storia mediorientale all’Università di Bologna:

R. – Siccome è una tregua assolutamente selettiva, chiaramente non riguarda né le milizie di al-Qeda e neanche quelle dello Stato Islamico, e per il governo neanche quelle milizie che si trovano in zone per lui strategiche. Per cui uno dei problemi di questo cessate-il-fuoco è che la determinazione di chi può farvi parte o meno è lasciata poi alla mercé del governo e dei suoi sostenitori. Poi ripeto: i combattimenti nella zona attorno a Damasco sono continuati da più di in mese a questa parte e questo perché Damasco, dopo aver conquistato Aleppo, importante nel Nord, adesso si riconcentra nel Sud. Com’è successo in altri casi, non è detto che la tregua che vale in altri territori del Paese, possa essere messa a repentaglio per quello che succede nelle zone attorno a Damasco. Questo deve essere verificato e lo si vedrà nei prossimi giorni…

D. – Per capirci: i ribelli che hanno detto “Congeliamo tutto, perché ci continuano a bombardare”, sono quelli che si erano accordati effettivamente in precedenza con Damasco?

R. – Alcuni gruppi sì, altri invece sono ai margini. E’ sempre un po’ questa l’ambiguità del conflitto e la difficoltà del conflitto in Siria: alcuni ne fanno parte, si riconoscono e altri no.

D. – Ma queste dichiarazioni portano a pensare che effettivamente lì, a quel tavolo di fine mese, non ci sarà nessuno a discutere e quindi si ricomincerà da capo o no?

R. – No! Secondo me, dopo Aleppo – perché il passaggio era fondamentale proprio nei rapporti di forza dato ad Aleppo – una parte delle opposizioni, tra cui tanto quelle militari tanto quelle che si trovano in esilio all’estero, sono convinte della necessità di giungere ad un negoziato che porti ad una soluzione politica prima che l’esercito siriano e i suoi sostenitori muovano un’altra offensiva per la riconquista di altre zone strategiche del Paese. Perché se guardiamo la traiettoria di tutti i negoziati, di tutti i cessate-il-fuoco nell’ultimo anno e mezzo, vediamo che le condizioni per i ribelli sono sempre state più dure ogni volta che hanno deciso di resistere fino all’ultimo. Ogni volta che hanno, invece, colto delle opportunità, delle piccole aperture politiche, sono riusciti a negoziare delle condizioni un po’ migliori.

D. – Quanto può concedere Damasco a questi gruppi, secondo lei?

R. – Di principio non vorrebbe concedere niente! Nella pratica dipende da quanto forte si sente in quel preciso territorio. Adesso devono recuperare le forze dopo la riconquista di Aleppo, che è stato dispendiosa… Per cui sono, forse, disposti a concedere qualcosa: questo riguardo all’esercito siriano e le milizie libanesi. I russi sarebbero decisamente ben più disposti a concedere di più ai ribelli, perché la loro strategia – almeno di principio – è riuscire ad inglobare, cooptare, portare dalla propria parte almeno una parte dei ribelli, per poi utilizzarli per combattere invece le frange più radicali: e questa è un po’ l’idea dei russi e sicuramente diversa da quella degli iraniani, che coincide in parte con quella del governo siriano.

D. – E comunque mi sembra che lei sia abbastanza possibilità: è giusto?

R. – In parte sì… Questa può essere una opportunità per riuscire a riportare il conflitto da una dimensione prevalentemente militare ad un piano più di negoziato politico.








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