2016-12-30 13:25:00

Usa: espulsi 35 diplomatici russi coinvolti nell'attacco hacker


Il Dipartimento di Stato americano ha disposto l’allontanamento di 35 diplomatici russi, sospettati di essere coinvolti nel presunto attacco hacker che avrebbe favorito Donald Trump nelle recenti elezioni. Sanzioni anche per quattro dirigenti dei servizi militari russi e per tre società private. “Tutti gli americani dovrebbero essere allarmati dalle azioni russe”, ha spiegato il Presidente Obama, mentre in risposta il Cremlino, che ha sempre negato ogni coinvolgimento nelle vicenda, ha chiuso la scuola anglo-americana a Mosca. Un episodio che riporta ai tempi della guerra fredda, come spiega Luigi Bonanate, docente emerito di relazioni internazionali all’università di Torino, al microfono di Michele Raviart:

R. – A me, questo episodio fa venire in mente quando queste cose succedevano negli anni Cinquanta, nella vera guerra fredda che era quasi calda, insomma … Allora, avevano il significato di contenere comunque lo scontro nei limiti; adesso siamo in una situazione esattamente opposta: siamo in uno scontro nascente. Se posso aggiungere un piccolo tassello, la crisi siriana avviene senza che gli Stati Uniti ci abbiano messo becco. Chi ha deciso tutto è stata la Russia. Questo ci fa vedere che quella che è stata la massima potenza mondiale per 50 anni – gli Stati Uniti – per cui si pensava che non potesse cader foglia che gli Stati Uniti non volessero, bene, adesso cadono enormi quantità di foglie e gli Stati Uniti quasi non se ne accorgono. Di fronte a tutto ciò, ecco che arriviamo alla decisione di Obama di oggi.

D. – Parallelamente a questi 35 diplomatici, sono state colpite anche alcune società e anche degli ufficiali dei servizi di intelligence russi: come si inquadra nel discorso generale del presunto hackeraggio?

R. – Questo è uno dei lati più sgradevoli e meno controllabili di tutta la vicenda. Cioè, purtroppo, la politica internazionale è sempre stata contraddistinta da altissimi livelli di segretezza, essenzialmente spionaggio, per definizione segreto dunque non controllabile. E questo è un male nelle relazioni internazionali. Una delle grandi lotte che noi dovremmo combattere è quella contro la politica in segreto: è non dimentichiamo che la migliore definizione di democrazia che si sia mai data è quella secondo cui la democrazia è politica in pubblico; noi invece viviamo in una politica in segreto …

D. – Ora a che livello si spostano le tensioni con la Russia? Cosa c’è da aspettarsi?

R. – Ma, è difficile a dirsi, perché ovviamente questi episodi in se stessi sono poco preoccupanti, presi uno per uno; credo che in queste situazioni si debba sempre partire da una considerazione di tipo generale: che cosa vuole Putin? Putin vuole ricostituire la Grande Madre Russia, cioè farla ritornare quella grande potenza che non era più. Il protagonista, oggi, è la Russia di Putin: lo si vede anche dal modo in cui ha gestito la questione siriana, tra le pagine più dolorose della Storia contemporanea. E’ intorno a Putin che dobbiamo organizzare i nostri sguardi.








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