2016-12-29 13:07:00

Iraq, nuova offensiva governativa per liberare Mosul dall'Is


Continua in Iraq la lotta al sedicente Stato Islamico (Is). Le forze nazionali di sicurezza hanno lanciato una nuova offensiva su Mosul, dopo l'avvio il 17 ottobre scorso delle operazioni per liberare la città dall'occupazione dell'Is. Il comandante delle unità antiterrorismo irachene ha confermato che le operazioni sono iniziate stamani e che le truppe irachene sono entrate nel distretto orientale di al-Quds. L’agenzia Rudaw, citando fonti della polizia irachena, riferisce di scontri con l'Is nei distretti sudorientali di Somar e Intisar e dell'uccisione di almeno sei jihadisti. Su quanto sta accadendo nella cosiddetta "capitale" dell’Is in Iraq, Elvira Ragosta ha intervistato Alberto Negri, esperto mediorientale per “Il Sole 24 Ore”:

R.- Le forze dell’esercito iracheno - sostenute dai curdi nelle retrovie e da forze americane - sono nella parte orientale della città. La città è divisa dal fiume Tigri e la parte orientale era stata data già per conquistata qualche giorno fa da parte delle forze irachene. In realtà poi la sponda occidentale di Mosul è ancora completamente in mano all’Is, come in mano all’Is - a sud della periferia di Mosul - è ancora in mano l’aeroporto, che si trova nella zona di Hamam al-Alil. Quindi ci troviamo in una situazione ancora di stallo: nella parte occidentale di Mosul ci sono centinaia di migliaia di persone che si preparano ad essere completamente circondate e assediate.

D. – Mosul è in mano ai miliziani del sedicente Stato Islamico dal giugno del 2014. L’offensiva per liberare la città era partita il 17 ottobre scorso e il premier al-Abadi dice: “Servono ancora tre mesi per liberare completamente Mosul”…

R. – Sì. Io ho avuto un colloquio con Mas'ud Barzani, che è il leader del Kurdistan iracheno e i curdi iracheni sono fortemente impegnati sul terreno: secondo lui saremmo fortunati se avremo una liberazione di Mosul a gennaio o febbraio. Questo ci dice quanto sia difficile l’operazione, perché ci troviamo in una città completamente piena di abitanti e quindi è difficile anche riuscire a colpire i jihadisti con l’aviazione, perché si rischia di fare centinaia di vittime civili. E oltretutto il Califfato ha concentrate qui alcune delle sue forze più importanti, fortemente armate - come ho potuto costatare sul terreno - di armi pesanti.

D. – Si parlava degli sfollati: oltre 100 mila gli sfollati dall’inizio dell’offensiva; e altrettanti potrebbero essere costretti a lasciare la città, secondo il ministro per l’Emigrazione. Dunque, com’è la situazione umanitaria?

R. – La gente esce da Mosul e si cerca di concentrarla in campi. La prima operazione che avviene, peraltro, è quella di monitoraggio della popolazione che esce da Mosul, perché insieme ai civili è possibile che escano anche i jihadisti: e questo rappresenta un aspetto particolarmente importante. Ma non c’è dubbio che in una città così vasta e così densamente popolata l’emergenza umanitaria sia all’ordine del giorno e potrebbe diventare addirittura incontrollabile nel momento in cui l’Is fosse messo con le spalle al muro e non fosse più in grado di controllare molti quartieri della città nell’Ovest.

D. – Che scenario prevedere per il 2017 circa la sconfitta dell’Is, alla luce anche degli sviluppi diplomatici sulla Siria?

R. – La sconfitta dello Stato Islamico è ancora al di là da venire, anche se nel 2016 si è registrato un risultato importante: l’Is ha perso, infatti, circa il 50 per cento del proprio territorio. Si registrano poi - secondo i dati americani - almeno 15 mila perdite nelle file del Califfato. Ma questo arretramento non significa una facile vittoria, soprattutto per quanto riguarda Mosul, in Iraq, e la roccaforte siriana del Califfato, Raqqa. Dopo l’accordo che c’è stato tra Russia, Turchia e Iran potrebbe essere più facile - se davvero funzionasse questo cessate-il-fuoco - concentrare le forze sull’Is. Purtroppo ci sono altri problemi politici e militari da risolvere, perché oltre ai gruppi dell’Is ci sono molti altri gruppi jihadisti che adesso sono in gran parte concentrati a Idlib, dopo la caduta di Aleppo: questo costituirà un altro elemento importante per capire come sciogliere questo nodo e se questo accordo tra Mosca, Ankara e Teheran funzionerà veramente. 








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