2016-12-21 12:16:00

Mons. Pizzaballa: in Medio Oriente non tutti assetati di violenza


La situazione in Terra Santa “fa eco” a quella del mondo intero, che si trova a fronteggiare “l’estremismo crescente e il fondamentalismo”: a colpire è che proprio il fondamentalismo sia “radicato” nelle giovani generazioni. Così mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, sull’attuale situazione internazionale. Tenendo una conferenza stampa natalizia a Gerusalemme, l’arcivescovo ha messo in luce come all’origine di tanta violenza oggi ci siano proprio l’estremismo, il commercio delle armi, gli interessi fra potenze. Giada Aquilino lo ha intervistato:

R. – Tutte queste cose insieme. Anzitutto c’è la paura, perché è la paura che determina le nostre scelte e i nostri orientamenti e non il contrario. Ci sono interessi, naturalmente le armi e i venditori di armi; c’è una guerra intra-musulmana tra sunniti e sciiti; c’è il fondamentalismo religioso di matrice islamica, con Is e Daesh, ma anche altre forme meno conosciute, ma non meno letali; c’è una situazione economica spaventosa, con una maggioranza della popolazione - che ha meno di 30 anni - che non ha prospettive, che è senza lavoro; c’è una situazione sociale, religiosa e politica veramente molto grave, che rende poi tutto il contesto oltre che confuso anche molto frustrante.

D. – In questi giorni in Europa, di fronte agli ultimi attentati, al camion sulla folla in Germania, come già successe a Nizza, è stata evocata la modalità degli attentatori mediorientali. Si può ricordare solo questo del Medio Oriente?

R. – No. Il Medio Oriente purtroppo è anche questo, però il Medio Oriente è fatto da milioni di persone che nono sono tutte assettate di violenza: ci sono tantissime persone - ebrei, cristiani musulmani - che si mettono in gioco. E soprattutto i piccoli e il Natale ci ricorda proprio questo: che sono i piccoli, i “piccoli del Vangelo” - che significa i poveri, le persone semplici, quelle del territorio e la gente di strada - che lavorano insieme, che si incontrano, che cercano di vivere una vita dignitosa, rispettandosi a vicenda.

D. – Quali auspici per la soluzione della crisi israelo-palestinese, per cui purtroppo negli ultimi mesi si registra uno stallo? E poi: le polemiche che ci sono sul progetto di togliere dalle mosche di Israele gli altoparlanti utilizzati dai muezzin per la chiamata alla preghiera islamica possono portare ad ulteriori tensioni?

R. – Bisogna essere molto realisti: non è che la pace arriverà domani. La pace bisogna ricostruirla e, purtroppo, richiederà tempi lunghi. Però bisogna cominciare, anzitutto a parlarsi: in questo momento non ci si parla proprio e non c’è alcun canale di comunicazione e questo può solo deteriorare le relazioni tra le due parti. E’ necessario parlarsi: questa è la prima cosa. Per quanto riguarda poi la legge sulla riduzione del volume della voce dei muezzin è un precedente pericoloso: ci sono tanti altri modi per risolvere i problemi di inquinamento acustico, semmai esistono. Questo apre un precedente pericoloso, che tocca la libertà di culto, la libertà di religione e tocca sensibilità già molto ferite, che ritengo invece sia opportuno lasciare tranquille.








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