2016-12-19 15:10:00

Siria: accordo all'Onu per l'invio di osservatori ad Aleppo


E' slittato a oggi il voto del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sulla mozione francese per inviare osservatori a monitorare l'evacuazione di civili. Alla richiesta di Parigi si è opposta la Russia, che ha minacciato il veto. Dopo un braccio di ferro durato qualche ora tra gli ambasciatori dei due Paesi, i membri del Consiglio di Sicurezza ieri hanno trovato un accordo su una bozza di risoluzione in cui si chiede al segretario generale "di adottare misure urgenti per consentire il monitoraggio sullo stato dei civili ad Aleppo Est e quello diretto e neutro sulle evacuazioni" dalla città siriana. Intanto ad Aleppo sono ripresi i trasferimenti dalle aree assediate dall’esercito governativo. Da mezzanotte, almeno 4.500 persone hanno lasciato questi quartieri. Il servizio di Marco Guerra:

Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu è pronto a votare il testo di una risoluzione che prevede il dispiegamento di osservatori delle Nazioni Unite ad Aleppo Est, al fine di garantire le operazioni di evacuazione della popolazione e l'accesso degli aiuti umanitari. “Abbiamo un buon testo”, ha detto l’ambasciatore russo dopo aver ottenuto alcune modifiche della bozza presentata dalla Francia. Al momento è trapelato solamente che oltre 100 osservatori dell'Onu saranno inviati nella città siriana, insieme a personale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Intanto è ripreso lo sgombro dei quartieri ancora sotto il controllo dei ribelli. Sono 12mila i civili evacuati dall'inizio delle operazioni, 4500 quelli portati via oggi. E’ un percorso inverso, invece, quello dei 500 civili portati oggi ad Aleppo dai villaggi a maggioranza sciita della provincia settentrionale di Idlib. Altri bus provenienti dai due villaggi assediati dai ribelli sono attesi in città nelle prossime ore. E degli sviluppi in Siria si parlerà domani a Mosca nel vertice tra i ministri della Difesa di Russia, Turchia e Iran. Ma per un commento sentiamo l’esperto dell’area Fulvio Scaglione:

R. – Credo che dalla battaglia di Aleppo - dalla carneficina anche di Aleppo - emerga una realtà politica che fino a pochi giorni fa era in discussione. La realtà politica è questa, e cioè ci sarà ancora, almeno per il prossimo futuro, una Siria di Assad. Questo è il risultato politico ottenuto per via militare dallo stesso Assad, dai russi, gli iraniani e i libanesi di Hezbollah. E questo è il dato politico sui cui bisognerà riflettere, perché la Siria di Assad che futuro ha, che cosa ha intenzione di fare, come vorrà regolarsi nei confronti delle popolazioni delle aree riconquistate: queste sono tutte domande importantissime e a cui è difficile al momento rispondere. Per quanto riguarda la situazione in loco, dalle notizie che si hanno - e personalmente dai contatti che ho - il problema forte è ovviamente adesso quello di “pulire” le aree di Aleppo Est che sono state riconquistate. Dico pulire tra virgolette perché questo verbo può avere tanti significati: può voler dire ripulire la città dalle ultime sacche di resistenza dei jihadisti, ma può anche voler dire una serie di vendette, rappresaglie, da parte dei lealisti ai danni della popolazione che può aver collaborato con i jihadisti o che è sospettata di aver collaborato con loro. Gli stessi jihadisti hanno due atteggiamenti diversi: da un lato, cercano di mescolarsi alla popolazione, di rientrare nel mare per confondersi “con tutti gli altri pesci”; altri ancora invece vorrebbero approfittare di queste trattative per l’evacuazione per raggiungere i loro compagni di lotta che sono nella provincia di Idlib, che è ancora sotto il controllo di jihadisti e ribelli. Quindi la situazione è molto confusa e tesa, e c’è il rischio che possa degenerare sia da un lato che dall’altro.

D. – Il trasferimento dei ribelli e delle loro famiglie verso alcune aree ancora sotto il controllo degli insorti significa che la guerra si sposterà su questi fronti?

R. – Indubbiamente la guerra in Siria non è finita. La situazione di Palmira, che è quella più clamorosa - più nota - ce lo dimostra. E la provincia di Idlib è ancora saldamente controllata dai jihadisti e dai ribelli. Quindi è presumibile che le forze lealiste, i russi, gli iraniani, Hezbollah, una volta assestata – se mai si assesterà – la situazione ad Aleppo, pensino a procedere ad una offensiva anche contro l’altra regione. Vorrei però sottolineare che la situazione della Siria non dipende soltanto dalla Siria, ma anche dell’Iraq. Bisogna vedere cosa succede anche lì, perché quello che è successo finora è che, essendosi l’offensiva contro Mosul completamente arrestata, i jihadisti dell’Is hanno potuto distaccare 4-5mila combattenti e mandarli a Palmira per riprendere la città. Palmira è in Siria, quindi la situazione della Siria è fortemente influenzata anche da quanto avviene, o per il momento non avviene, in Iraq.

D. – L’Europa, l’Occidente, continuano ad essere un attore secondario in questa guerra?

R. – Assolutamente sì: l’Europa naturalmente. L’Occidente meno, perché si sa che gli Usa, sia direttamente, aiutando concretamente, armando e finanziando alcune formazioni di ribelli, sia indirettamente, attraverso i Paesi alleati - le monarchie del Golfo Persico - che invece hanno attivamente sostenuto i jihadisti: l’Occidente in qualche modo è intervenuto in questa crisi, eccome se è intervenuto! La stessa Nato, che dice di non essere intervenuta, dice in realtà una mezza verità. Non dobbiamo infatti dimenticare che quando ci fu la crisi nei rapporti tra Russia e Turchia, la Nato intervenne a proteggere quel confine turco attraverso cui passavano decine di migliaia di jihadisti che da tanti altri Paesi accorrevano in Siria per combattere nelle file dell’Is. Certamente l’Europa ha giocato un ruolo molto, molto, molto secondario, preoccupata com’era di garantirsi i rapporti con Erdogan per stipulare l’accordo sui migranti, che ad essa premeva molto di più della carneficina in Siria.








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