2016-12-15 13:51:00

Le famiglie dei piccoli: al Bambin Gesù ci hanno donato la speranza


E papa Francesco è stato accolto in Aula Paolo VI dai canti festosi dei numerosi piccoli pazienti che questa mattina erano presenti all’udienza alla Comunità dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:   

Vite coraggiose e volti pieni di sorrisi sono quelli che hanno accolto papa Francesco nell’aula Paolo VI. Storie dove la malattia non ha tolto la speranza di un domani migliore  e quell’allegria rumorosa dei piccoli che  ci ricorda che sono per prima cosa bambini e poi pazienti. E c’è chi come Jamal Jelbi da piccolo è stato in cura al Bambin Gesù per molto tempo, e oggi da adulto ha scelto di lavorarci:

R. – E’ la mia seconda casa, diciamo… Ho passato un bel po’ di tempo, là, per curarmi. Mi hanno trattato come un figlio, sempre nel rispetto di quella che poi è stata la mia vera famiglia. Quindi è tanto!

D. – Tu sei passato da paziente a lavorare al Bambino Gesù. Oggi cosa dici, quando incontri i bambini che si curano lì?

R. – I bambini, a volte, hanno più forza degli adulti; a volte sono più gli adulti che vanno incoraggiati che non i bambini. Devi trasmettere loro serenità e che le cose si risolvono. 

E l’ospedale Bambino Gesù per molti piccoli è stata l’ancora di salvezza per poter vivere. Come per Margherita, affetta da una patologia congenita,  che è stata seguita sin da quando era ancora nel grembo materno, ed oggi è una bimba di due anni che riesce ad avere una vita quasi normale. Ascoltiamo la testimonianza della sua mamma Roberta:  

R. – Innanzitutto vuol dire essere qui e avere con noi nostra figlia: e questo non era per niente scontato, quando ancora la stavamo aspettando. Significa anche accoglienza, perché questo è stato il primo ospedale che ci ha detto: “Non siete soli! Qualsiasi cosa si fa insieme, nel rispetto delle indicazioni che Margherita ci darà una volta nata; cercando insieme di capire se bisogna accompagnarla e cosa si può fare per farla stare meglio”. Quindi per noi essere qui oggi significa aver vissuto due anni e mezzo con nostra figlia, aver affrontato alcune tappe previste e alcune tappe impreviste, ma sempre accompagnati con grande rispetto ed amore per nostra figlia.

D. – Il Papa vi ha detto di mantenere vivi i sogni. Ma come si mantengono vivi i sogni e soprattutto come si continua a sognare e a guardare verso il futuro?

R. – Mantenere vivi i sogni è davvero un grande impegno! Per noi significa accettare che ogni giorno è un grande regalo e quindi vivere la magnificenza del dono della vita ogni giorno. E questo è il nostro sogno: poter poi raccontare, ad un certo punto, di aver avuto milioni di giorni di sogni a disposizione insieme alla nostra Margherita.

E anche tra i volontari che ogni giorno cercano di portare il loro aiuto ai piccoli degenti ci sono ex pazienti. Tra loro Adriano che oggi insegna musica ai bambini ricoverati:

R. – Io sono un ex paziente dell’ospedale: quindi ci sono cresciuto… Poi verso i 19 anni sono tornato in ospedale come musicista e oggi faccio questo: cerco di portare la musica ai bambini, come hanno fatto con me da piccolo…

D. – In che modo si incoraggiano i piccoli a guardare verso un futuro?

R. – Si incoraggiano facendogli vedere che quello che hanno può diventare una risorsa, può diventare una forza e che sicuramente, quando usciranno da lì, saranno molto più forti.

D. – Il Papa ha parlato di offrire doni. Ma questi piccoli che doni possono offrire e quali doni tu offri a loro?

R. – I doni che i piccoli offrono sono immensi: la gratitudine nei loro occhi è indescrivibile! Quello che posso donare io, nel mio piccolo, è la mia esperienza, la mia musica e un po’ i miei sorrisi…








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