Un nuovo trattato, una convenzione, un qualche nuovo documento che ribadisca ciò che in fondo è stato affermato giù più volte. Tutto può andar bene, se poi i principi enunciati vengono rispettati. Altrimenti si tratterebbe di altre parole inutili che nessun anziano merita di ricevere. Sta in questa considerazione uno dei passaggi-chiave dell’intervento di mons. Bernardito Auza alla sessione del gruppo di lavoro (Oewg) che si sta occupando, in sede Onu, di tutelare i diritti e la dignità delle persone anziane.
Un mondo “anziano”
L’osservatore vaticano apre il suo intervento con
alcune cifre che danno tridimensionalità a uno scenario globale molto serio: “Entro
il 2030 – enuncia – il numero di persone in tutto il mondo oltre i 60 anni di età
è destinato a crescere del 56%, da 901 milioni a 1 miliardo e 400 milioni. Entro il
2050, la stessa fascia di popolazione è destinata a raddoppiare, raggiungendo quasi
i 2,1 miliardi”. E questo “aumento della popolazione anziana” si unisce, soggiunge
mons. Auza, a “un aumento della speranza di vita media” che “metterà a dura prova
i sistemi sanitari e le reti di sicurezza sociale”.
Diversamente necessari
Qui però nascono i problemi sulla dignità di chi ha
un’età non più verde. Perché, osserva il presule, si tende a pensare e a “trattare
gli anziani come fossero unicamente un onere economico e sociale incombente”. A parte
il fatto che un anziano può sempre dare, in modi diversi, il proprio “contributo sociale”,
bisogna “riconoscere – ribadisce mons. Auza – che la dignità non scompare con l'età
o con una diminuzione della produttività di mercato”. Come fare per impedire questa
concezione errata?
Serve un nuovo trattato?
L’osservatore pontificio ricorda che se esiste “consenso
sull’importanza dell’affrontare le gravi lacune che esistono nella tutela dei diritti
umani delle persone anziane”, questo poi manca “sul come porvi rimedio”. Alcuni Stati,
prosegue, hanno proposto l’adozione di un “nuovo meccanismo” di tutela, altri che
si rispettassero “gli impegni” già assunti “in altri trattati e convenzioni”. Altri
ancora che “la base per la tutela degli anziani deve essere trovata all’interno del
Piano d’Azione internazionale di Madrid sull'invecchiamento e negli impegni assunti
per l'attuazione dell’Agenda del 2030”.
Fatti oltre i documenti
“A prescindere dalla forma che la protezione dei diritti
umani delle persone anziane può assumere – è l’opinione di mons. Auza – è essenziale
garantire che le misure concordate siano adeguate per proteggere, rispettare e realizzare
i particolari diritti umani delle persone anziane” giacché “l'esperienza ci ha dimostrato
che trattati, convegni, conferenze e dichiarazioni, mentre contribuiscono alla costruzione
del consenso e delle norme internazionali, spesso difettano della volontà politica
necessaria per la loro piena attuazione. E non possiamo permettere che i nostri anziani
siano lasciati indietro da parole che non hanno un seguito”.
Anziani saremo tutti
Mons. Auza sollecita a porre la questione nell’ottica
indicata da Papa Francesco, per cui gli anziani non possono patire la solitudine o
l’abbandono generati dalla “cultura dello scarto”, quella che “giudica ogni essere
umano semplicemente per la sua utilità presunta”. Al contrario, dice, gli anziani
“giocano un ruolo importante” e ciò va riscoperto specie in momento storico in cui
tanti lottano “per trovare la propria identità e sono incerti del futuro”. E poi,
conclude con sano realismo mons. Auza, “quando si parla di invecchiamento e di persone
anziane, stiamo parlando di una categoria di persone alla quale nel tempo inesorabilmente
apparterremo. Le decisioni che prendiamo e il lavoro che facciamo oggi avranno riflesso
su tutti noi domani”. (A cura di Alessandro
De Carolis)
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